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Libero

Rosso Etna ... Alle pendici del vulcano, sulle sabbie nere di lava cresce un vitigno antico: il Nerello Mascalese. È il protagonista di un primato siciliano. Vini di eccelsa finezza che profumano di marasche e sfumano nel mito ... Tutto probabilmente è cominciato in un giardino. Arrivarono i pelasgi su veloci legni e fu Naxos equidistante da Messina e Catania. Portavano con se vigna antichissima: profumata di salmastro e di sole. Oggi degustarla in forma di vino che sia il raro Faro del messinese (ottimo quello di Palari) o il più noto Etna Rosso del catanese significa sorseggiare il mito. Quell’uva si chiama Nerello Mascalese e potrebbe fare delle pendici dell’Etna la Borgogna d’Italia solo che noi italioti avessimo più amore, considerazione e gelosia dei nostri inarrivabili frutti della terra. Intuizione peraltro che l’Istituto regionale della vite del vino, ottimamente diretto da Dario Cartabellotta, ha avuto decenni fa quando, con Giacomo Tachis, aiutato da Vincenzo Melia, che ora fa ottimo vino in quel di Ceuso, sperimentò impianti di Pinot Nero alle sublimi altezze dell’Etna. Ne venne fuori un vino di classe immensa. Ma si scoperse che il Nerello Mascalese aveva la stessa finezza e maggior forza, la stessa nouance rubino tra la marasca, il ribes, il gelsomino con accenni di pepe e di vaniglia, ma più sapidità. Era ed è un vino mediterraneo che ha però l’eleganza delle uve eterne, la fragranza del mito che si rinnova in ogni bottiglia. Con il Nerello Mascalese, uva che matura oltre la metà di ottobre, che non è esuberante in antociani ma si riscatta con una tannicità elegante e una freschezza inebriante, è arrivato un altro mito: il Nerello Cappuccio che ha chioma da pagliaccio sotto la quale nasconde grappoli di un blu notturno. Unti nell’Etna Rosso danno un vino che ha nerbo e soprattutto capacità di sfidare il tempo. L’evoluzione di questo vino è stupefacente. Ed oggi grazie a produttori che da sempre hanno scommesso su queste uve, come Benanti, l’Etna Rosso è probabilmente il più nobile dei vini siciliani. Del resto qui dove la terra è color d’inchiostro e il mare di uno zaffiro splendente, ora che ci arrivo col vulcano vivo innevato ed eruttante, mi perdo da Mascali a Linguaglossa fino su a Passopisciaro in un paesaggio punteggiato di continue viti ad alberello che ora, col rosseggiare dei pampini strinati dal gelo, appare una fusione tra le tavolozze di Klimt, Rubens e Tiziano. Qui l’agricoltura sembra trovare la sua massima esaltazione come cura del Creato, come sostentamento degli uomini, come definizione di una geontropologia che ha in se una promessa di futuro. Tutto questo sta nel calice di Etna Rosso che sto degustando. Ci senti il vulcano e il mare, ci senti il rosseggiare di labbra e il sospiro antico dell’anima della terra. Un vino perfetto che è un invito alla Sicilia, che diventa trionfale con le carni rosse, con il maiale dei Nebrodi, un vino che si fa anche spumante (notevolissimo il Brut di Scammacca del Murgo) e mi ricorda la cucina dei Monsù, aristocratica parata di delizie gastronomiche che oggi rivivono nel sartù e nell’arancino. Un vino che s’esalta con quei formaggi immensi di Podolica che riassumo nel Piacentino. Un vino che è un inno alla vite e alla vita.

Girolamo Russo Rosso Feudo

Rubino splendente, tannino evidente, frutta esplosiva al naso con ritorni di melegrana e di tufo. Bocca piena. Finale sostenuto (€ 27)

Pietradolce Archineri

Mascalese in purezza con note di ribes, di rosa e di macchia mediterranea. Accentuata mineralità. Decisamente ottima freschezza (€ 25)

Tenuta Terre Nere Vigna Don Pepio

Mascalese quasi in purezza e lungo affinamento in legno. Rosso esuberante, al naso denota mineralità e frutta rossa. Un vino “antico” (€ 60)

Cottanera Etna Rosso

Buona percentuale di Cappuccio per un rosso quasi aromatico e con sentori di latomie. Inequivocabilmente tannico e caldo al palato (€ 25)

Cantina Benanti Serra della Contessa

Il capostipite degli Etna Rosso. Vino di classe superiore con dote di frutta rossa e grafite. Qui il Cappuccio dà struttura (€ 29)

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