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IL FUTURO DEL VINO? PASSA PER NUOVE VARIETÀ DI VITE RESISTENTI ALLE MALATTIE. LO DICE UNO STUDIO USA DELLA CORNELL UNIVERSITY, CHE HA MAPPATO IL GENOMA DI 1.000 VARIETÀ. E PER RIDURRE I TRATTAMENTI CHIMICI, LA GENETICA SEMBRA UNA VIA INSUPERABILE ...

L’affacciarsi di nuove potenziali malattie per la vite, la minaccia costante di quelle conosciute, come l’oidio o la fillossera, e la necessità di ridurre i trattamenti chimici dettata da esigenze ambientali, da direttive normative e, forse, anche dal marketing. Come sciogliere questo “nodo di Gorgia” della viticoltura del futuro? Secondo gli scienziati americani, tutto dipende dallo sviluppo di nuove varietà di uva, da studiare grazie alle conoscenza sul Dna della vite. Lo sostiene uno studio Usa della Cornell Univesity, guidato da Sean Myles, riportato dalla Bbc. Due gli asset su cui si fonda: il primo è che tutte le più importanti e diffuse varietà di vite sono della stessa famiglia, quella della Vitis Vinifera, addomesticata 5-6.000 anni fa tra l’Armenia e la Turchia, e avendo subito incroci tra varietà in maniera “molto limitata”, sono più esposte alle malattie; il secondo è, come si legge negli atti nella “National Academy of Sciences”, i ricercatori americani hanno mappato il genoma di più di 1.000 campioni di vite, un patrimonio di dati utile per trovare la strada di varietà resistenti alle malattie. Anche perché, sostiene lo studio, così come l’uva da vino ha viaggiato dall’Europa dell’Est nel resto del mondo, le malattie hanno fatto il percorso inverso: l’oidio, ad esempio, si è sviluppato in Nord America, e quindi la vite “orientale” non ha sviluppato resistenze naturali. E questo, per esempio, solo in Australia, costa oltre 100 milioni di dollari all’anno, e viene combattuto con ampio uso di fungicidi chimici. E in Europa, che produce il 70% del vino mondiale, si sta cercando di ridurre l’utilizzo di sostanze chimiche, e c’è anche un proposta della Commissione Europea che nel 2013 vorrebbe eliminare l’utilizzo di spray con sostanze “non essenziali”. Per questo gli scienziati di diverse istituzioni hanno cercato di sviluppare nuove varietà di uva che sono immuni alle infezioni, sia con l’ibridazione con specie resistenti, “lunga e costosa”, che con la manipolazione dei geni. E qui entrerebbero in campo mappe genomiche di oltre
1.000 campioni, che collegano dei “markers” a tratti come l’acidità o la resistenza alle malattie. “Conoscendo questi tratti, è possibile trapiantare le piantine, guardare il Dna appena si ottiene il tessuto della prima foglia e tenere quelle con i profili genetici che ci interessano. Risparmiando una quantità enorme di tempo e denaro”, ha detto Myles. E sebbene fattori commerciali e culturali tendono a fare della vinificazione una professione conservatrice in questo senso, il cambio di mentalità “deve avvenire. Non possiamo continuare ad utilizzare le stesse cultivar per i prossimi mille anni”.

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