C’è un posto, nel cuore di Madrid, in cui vengono conservati gli originali delle più belle opere della letteratura in lingua spagnola, donate da associazioni e magnati all’eternità: è la “Caja de las Letras”, una sorta di caveau nei sotterranei dell’Instituto Cervantes, organismo nato nel 1991 per la promozione e l’insegnamento dello spagnolo che dipende dal Ministero degli Affari Esteri. Qui, ogni poesia o libro ha una sua cassetta di sicurezza, che resterà rigorosamente chiusa fino alla data decisa dal donatore, una sorta di “capsula del tempo” dove, da ieri, trova spazio una delle poesie più belle di Pablo Neruda, “Oda al Vino”. Il manoscritto originale, vergato dal poeta premio Nobel cileno nel 1953 ad Isla Negra, è stato depositato dalla Fundación Vivanco, la fondazione della griffe della Rioja Bodega Vivanco, da anni impegnata nella divulgazione della cultura enoica, anche con un museo, una casa editrice, un centro di documentazione, un premio e tante altre iniziative e partnership. Le parole, bellissime, della poesia di Neruda, resteranno chiuse nella cassetta di sicurezza numero 1567 fino al 13 giugno 2020. Un modo per renderla immortale...
”Ode al vino”, di Pablo Neruda
Vino color del giorno,
vino color della notte,
vino con piedi di porpora
o sangue di topazio,
vino, stellato figlio
della terra, vino, liscio
come una spada d’oro,
morbido come
un disordinato velluto,
vino inchiocciolato
e sospeso,
amoroso, marino,
non sei mai presente in una sola coppa,
in un canto, in un uomo,
sei corale, gregario,
e, quanto meno, scambievole.
A volte ti nutri di ricordi
mortali, sulla tua onda
andiamo di tomba in tomba,
tagliapietre del sepolcro gelato,v
e piangiamo
lacrime passeggere,
ma il tuo bel
vestito di primavera
è diverso,
il cuore monta ai rami,
il vento muove il giorno,
nulla rimane
nella tua anima immobile.
Il vino muove la primavera,
cresce come una pianta di allegria,
cadono muri, rocce,
si chiudono gli abissi,
nasce il canto.
Oh, tu, caraffa di vino, nel deserto
con la bella che amo,
disse il vecchio poeta.
Che la brocca di vino
al bacio dell’amore aggiunga il suo bacio
Amor mio, d’improvviso
il tuo fianco
è la curva colma
della coppa
il tuo petto è il grappolo,
la luce dell’alcol la tua chioma,
le uve i tuoi capezzoli,
il tuo ombelico sigillo puro
impresso sul tuo ventre di anfora,
e il tuo amore la cascata
di vino inestinguibile,
la chiarità che cade sui miei sensi,
lo splendore terrestre della vita.
Ma non soltanto amore,
bacio bruciante
e cuore bruciato,
tu sei, vino di vita,
ma amicizia degli esseri,
trasparenza,
coro di disciplina,
abbondanza di fiori.
Amo sulla tavola,
quando si conversa,
la luce di una bottiglia
di intelligente vino.
Lo bevano;
ricordino in ogni
goccia d’oro
o coppa di topazio
o cucchiaio di porpora
che l’autunno lavorò
fino a riempire di vino le anfore,
e impari l’uomo oscuro,
nel cerimoniale del suo lavoro,
e ricordare la terra e i suoi doveri,
a diffondere il cantico del frutto.
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