Il marketing, così come il commercio, per essere efficaci devono tenere sempre in considerazione i mutamenti della società che li circondano, capaci di raccontare gusti ed abitudini dei consumatori, sancire la fine di una moda o il successo di una nicchia. In quest’ottica, persino mutamenti sociali di portata storica possono essere declinati come opportunità commerciali. Pensiamo, come suggerisce Wine Intelligence, al Gay Pride: nato sull’onda delle proteste del 1969, quando la comunità omosessuale di New York ri riversò per le strade chiedendo diritti e riconoscimento politico e sociale. Fu il primo passo per quello che oggi è universalmente riconosciuto come il movimento per la lotta ai diritti della comunità LGBT: l’anno successivo, nel 1970, le marce arrivarono anche a San Francisco e Chicago, mentre nel 1971 la protesta contagiò anche l’Europa, con le manifestazioni di Parigi, Berlino Ovest e Stoccolma. Oggi, all’orgoglio omosessuale, o meglio al Gay Pride è dedicato un intero mese, e quelle che sono nate come manifestazioni di protesta si sono ormai trasformate in momenti di festa, gioia e celebrazioni. E quando qualcosa diventa mainstream, il marketing non può che prenderne atto e seguire il cambiamento, attraverso qualsiasi tipo di prodotto, compreso il vino. Da questo genere di associazioni creative, tra vino e Pride, sono nati prodotti come il rosé sparkling in una lattina arcobaleno, firmato House Wine, o, restando in tema bollicine, un’edizione glitter di sparkling di One Hpe, con i proventi delle vendite che vanno a finanziare Trevor Project, associazione che supporta e sostiene i giovani della comunità LGBT. Senza dimenticare uno dei più grandi Barefoot, da anni sponsor entusiasta degli eventi legati al Gay Pride, che permettere ai wine lover di creare la propria etichetta con il nome di chi ama, perché “il vino è migliore più buono quando si sta insieme, ed ognuno ha il diritto di bere Barefoot, qualsiasi sia la sua scelta!”.
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