Vincenzo Ambrosio non fa mistero della ragione che lo ha spinto a conservare vecchie annate, ovvero la difficoltà di vendere vini della vendemmia precedente. Il Lacryma Christi - bianco e rosso - doveva essere un vino fresco, immediato, disimpegnato e, soprattutto, costare poco: quasi pari a un souvenir da portarsi via dopo l'ascesa al cono del Vesuvio. Villa Dora infatti è un'azienda del vulcano, zona Terzigno, nata alla fine degli anni '90 del secolo scorso e cresciuta su una tradizione lunghissima di commercianti di uva. Vincenzo, al contrario dei suoi predecessori - e anche di diversi colleghi - vuole però un vino di alta gamma, forte del fatto che il Vesuvio e il suo terroir - cenere e lapilli - possano dare grandi vini. Per questo motivo si avvale della consulenza di un enologo famoso, come Roberto Cipresso. Intanto però i bianchi che escono con un anno in più in etichetta non si vendono e questi finiscono in cantina. Oggi verrebbe da dire "per fortuna". Non è facile reperire uno "storico" tra le aziende vesuviane e Villa Dora rappresenta un po' la memoria degli inizi. Questo Vigna del Vulcano 2006 racconta la longevità di un'uva semplice come il Caprettone (con un po' di Falanghina), a cui il tempo ha fatto un gran bene: miele agrumato, ginestra, toni di camomilla, sapidità ed erbe aromatiche come il timo. Una beva vibrante che non cede mai e che parla un linguaggio vulcanico.
(Francesca Ciancio)
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