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EXPORT MADE IN ITALY

L’Italia del wine & food cresce in Usa, in attesa di misurare l’effetto dei dazi

3,9 miliardi di dollari nei primi 9 mesi 2019 (+5,9%), secondo i dati Ice di New York. Vino e olio leader (ma in calo), bene formaggio e pasta
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L’Italia del wine & food cresce in Usa, in attesa di misurare l’effetto dei dazi

È passato poco più di un mese da quando sono entrati in vigore i superdazi Usa sui prodotti agroalimentari europei ed italiani, che, per il Belpaese, colpisco soprattutto formaggi e liquori. Ancora presto, dunque, per fare una valutazione reale dell’impatto di queste misure sul made in Italy. Che intanto, però, nei primi 9 mesi del 2019, ha visto crescere le proprie esportazioni verso gli States del 5,9%, a quota 3,9 miliardi di dollari, confermando la sesta posizione come fornitore di wine & food del Paese, dietro a Messico, Canada, Francia, Cile e Cina. Con dei primati assoluti, come nell’olio d’oliva, nei formaggi, nella pasta, nelle acque, negli aceti e nei vermout, e posizione di rilievo come nel vino (secondo fornitore), nei prodotti da forno o nelle carni lavorate (terzo fornitore). Emerge dai dati dell’Ice di New York, analizzati da WineNews.

Il prodotto che genera maggior valore per l’agroalimentare del Belpaese si conferma, di gran lunga, il vino, con un valore di 1,4 miliardi di dollari, in flessione, però, secondo l’Ice, dell’1,8% tra gennaio e settembre 2019, sullo stesso periodo 2018. In calo anche la seconda voce dell’export italiano verso gli States, l’olio di oliva, che vale 391,3 milioni di dollari, e segna un -3,5%. In grande spolvero, invece, i formaggi italiani, con un balzo del 29,5% nei primi 9 mesi dell’anno (forse anche per la volontà degli americani di fare scorte prima dell’entrata in vigore dei dazi), per un valore di 299 milioni di dollari, e cresce a doppia cifra (+12,8%) anche la pasta, a quota 270 milioni di dollari. Sostanzialmente stabile il valore di salse e preparazioni alimentari (+0,6%), che valgono 191 milioni di dollari, mentre crescono conserve vegetali (+22,9%, a 172 milioni di dollari), acque (+14,4%, a 168 milioni di dollari), prodotti da forno (+11,1%, a 147,6 milioni di dollari), superalcolici (+11,6%, a 130 milioni di dollari) e carni lavorate (+4,4%, a 101 milioni di dollari), per fermarci ai prodotti di maggior valore per l’export made in Italy in Usa. Con alcuni di questi che superano una quota di mercato del 30%, come vino, formaggio e acqua, e altri che sfiorano addirittura il 40%, come nel caso di pasta e olio. Un quadro, nel complesso, confortante, che che conferma la passione degli americani per i sapori italiani, in un rapporto d’amore che i dazi di Trump potranno complicare per qualche tempo, ma non mettere in crisi.
Stringendo il focus sul vino, invece, resta da vedere se l’ultima parte dell’anno (in cui si concentra buona parte dei consumi, soprattutto per i prodotti di maggior qualità, protagonisti di brindisi e regali per le festività), farà virare in terreno positivo il dato italiano (le stime Vinitaly-Nomisma prevedono una chiusura in crescita del +5% sul 2018, a quota 1,8 miliardi di euro, ndr). Ad aiutare il nettare di Bacco tricolore, sostengono alcuni, potrebbero essere proprio i dazi, che colpiscono le produzioni di Francia e Spagna, per esempio, ma non quelle italiane.

Nel complesso, tra gennaio e settembre, secondo l’Ice, come detto, in valore il calo è stato dell’1,8% (a 1,4 miliardi di dollari), con l’Italia seconda dietro alla Francia (1,6 miliardi di dollari, +6,9%), mentre in quantità il Belpaese si conferma primo fornitore degli Usa, con 2,57 milioni di ettolitri (+2,6%).

Nel dettaglio, i vini bianchi sono quelli che vanno per la maggiore, con un valore di 490 milioni di dollari (-3,4%), seguiti dai rossi a 468 milioni di dollari (-4,9%), mentre continuano a crescere gli spumanti, che nei primi 9 mesi dell’anno hanno fruttato 333 milioni di dollari alle cantine italiane (+5,5%). In lieve crescita il Marsala e altri vini liquorosi, a quota 100 milioni di dollari (+1,1%), mentre il settore più dinamico è quello del vermut e dei vini aromatizzati, a 71 milioni di dollari (+10,8%). Con il Belpaese che, raccontano i dati, non riesce ad agganciare il trend di crescita dei vini rosati (trainato quasi esclusivamente dai vini della Provenza), con i rosè italiani in calo del 4,2%, per un valore di 16 milioni di euro. Interessante, invece, il dato sui vini biologici, che rappresentano ancora una quota marginale, con un valore che sfiora gli 11 milioni di dollari, ma in crescita dell’8,2%.

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