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LA RIFLESSIONE

Marketing del vino vs Coronavirus: vietato fermarsi (per chi può). I consigli di Wine Intelligence

Continuare a comunicare, focus sui marchi più conosciuti, sui servizi al consumatore, evitando troppa scontistica e guardando al mercato locale

Ristoranti chiusi, consumi fermi ed un flusso economico praticamente fermo per tantissime cantine d’Italia e del mondo. Eppure, chi può, fa bene a continuare ad investire nel marketing, che sovente, in fasi di crisi acute, è la prima voce di budget che viene ridotta, per far fronte alle spese vive per mandare avanti le attività in vigna e in cantina. Eppure, nella legge della giungla del mercato, cinicamente, un euro speso in comunicazione oggi, per chi può, vale più di un euro speso ieri. Semplicemente perchè, purtroppo, qualche voce, anche da parte delle cantine del mondo, si spegnerà per un po’, e semplicemente, saranno in meno quelli che dovranno dividere la fetta dell’attenzione mediatica dei consumatori. È una delle indicazioni dell’agenzia inglese Wine Intelligence, che ha pubblicato una sorta di “breviario” del marketing del vino “durante e dopo” l’emergenza Covid-19. Altro punto suggerito, è quello di focalizzarsi sui marchi ed i prodotti più importanti di ogni portafoglio, semplicemente perchè, in fasi di totale incertezza come queste, le persone tendono a cercare rassicurazione nei prodotti, vino incluso, e sono più inclini a comprare qualcosa che già conoscono, e con cui hanno familiarità, piuttosto che a sperimentare.
Non di meno, è importante cercare di far leva sull’innovazione, non tanto nei prodotti, quanto nei servizi e in tutto quello che può portare benefici aggiuntivi al consumatore, a partire dal packaging.
Altra indicazione, è quella di evitare il più possibile promozioni e sconti che portino in basso i prezzi, ora più che mai una tentazione fortissima per tante cantine e produttori. Il motivo principale è semplice: tornare indietro, dopo, è difficilissimo, e richiede strategie di lungo periodo.
Ultimo consiglio, decisamente insolito se si pensa ad un mercato del vino che per tanti Paesi esportatori è stato fatto (e probabilmente tornerà ad essere) soprattutto di esportazione, ovvero, “pensare locale”. Ovvero, investire nei mercati nazionali, ma anche di prossimità Quasi un obbligo, almeno finchè gli spostamenti, i viaggi e la vita in genere non riprenderanno il flusso a cui eravamo abituati.

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