Le restrizioni, i lockdown e la serrata dei canali Horeca porteranno il 2020 ad un livello record di spesa domestica, un boom mai registrato negli ultimi 10 anni: nei primi 9 mesi, secondo i dati del panel Ismea-Nielsen, le famiglie italiane hanno aumentato il consumo del 7% su base annua (+9,3% nel primo semestre e +3% tra giugno e agosto, periodo in cui si è registrato un parziale ritorno alla normalità), con valori a doppia cifra a marzo (+18%), aprile (+11%) e maggio (+14%) e una normalizzazione a luglio (+1,5%), per tornare poi ad una crescita fino al +7% di inizio ottobre.
Il settore delle bevande, che per tutto il 2019 si era mostrato il più dinamico, in questi primi nove mesi cresce del 5,8%, un incremento inferiore ai generi alimentari (+7,1%) dovuto alla riapertura di locali e ristoranti alla fine del primo lockdown. La voglia di convivialità e di ricompensa, anche in casa, ha fatto registrare accelerazioni importanti di vendite per gli spumanti e le bevande alcoliche (in gran parte rappresentate dagli aperitivi), rispettivamente a +12,1% e +11,1%. Bene anche il vino (+7,7% con un rallentamento della crescita nel terzo trimestre, era +9,8% alla fine del secondo trimestre) e la birra, che segnala un +10,5% a settembre. Molto più limitati gli incrementi per le bevande analcoliche (+1,7%) e per l’acqua (+0,1%).
A fare da traino, nel complesso, i prodotti a largo consumo confezionato (+7,8%), ma anche per i prodotti freschi sfusi la spesa è stata positiva (+4,9%). I singoli comparti, seppure in terreno positivo rispetto al 2019, hanno avuto una crescita della spesa di diversa intensità. In particolare uova, carni, formaggi e ortofrutta hanno avuto incrementi superiori alla media, mentre per i derivati dei cerali, bevande analcoliche e prodotti ittici l’incremento di spesa si è attestato sotto la media.
La pandemia, segnalano Ismea e Nielsen, ha accelerato e consolidato processi già esistenti favorendolo lo sviluppo di canali che finora avevano avuto un ruolo ridotto. Il lockdown, infatti, ha stimolato molte imprese a individuare nuove soluzioni per superare le difficoltà logistiche e organizzative dei canali consueti orientandosi così verso la vendita diretta (da un’indagine Ismea risulta aumentata la quota di produttori che praticano questo sbocco, dal 17% nel 2019 al 21,7% nel 2020), ha stimolato un grosso balzo in avanti nella digitalizzazione e nello sviluppo dell’e-commerce e ha incentivato una nuova mobilità, spesso elettrica o pedonale, legata comunque alla sostenibilità, che in concomitanza a una popolazione sempre più ”anziana”, quindi poco propensa ai lunghi spostamenti e con predilezione dei rapporti personali, ha favorito e favorirà lo sviluppo delle piccole superfici di prossimità. In relazione alla scelta dei canali distributivi, il prevalente resta quello dei supermercati con uno share del 42% e un trend positivo del 9%. Di pari entità la crescita della spesa nei discount (+9%) con uno share di mercato in tenuta e pari al 14%. Il trend del canale di vendita “negozi tradizionali”, pur rappresentando ancora solo il 12% dello share, ha registrato un ragguardevole incremento (+18,4%). Particolarmente penalizzati sono risultati invece gli ipermercati, spesso localizzati all’interno dei centri commerciali dove la chiusura di tutti gli altri negozi ha disincentivato ulteriormente i consumatori a recarvisi (-1,1% le vendite complessive da gennaio a settembre). Per quest’ultimi la situazione non sembra destinata a migliorare, in quanto sono proprio i centri commerciali a perdere la loro centralità: nati per offrire un’offerta a 360° senza spostarsi, ora si trovano parzialmente sostituiti dal web, in grado di offrire una più ampia gamma di prodotti a prezzi più concorrenziali. A livello geografico la crescita della spesa è importante in tutte le macro-aree, con il Nord Est che si conferma area traino (+8%) e le altre tre macro-aree che crescono con intensità simili comprese tra il +6,6% e il +6,9%.
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