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In Italia il 17% delle cantine ha un wine club, ma le vendite sono ancora irrisorie

Divinea: il 25% ha più di 1.000 iscritti, ma bisogna investire sul consumatore, perché il modello è vincente

Tra le novità che stanno caratterizzando la vendita diretta al consumatore, nel mondo del vino c’è quella di un interesse sempre più crescente per i wine club, come emerge dal “Report Enoturismo e vendite direct to consumer 2022”, pubblicato da Divinea: secondo i dati raccolti dal portale dedicato all’enoturismo, il 17,3% delle cantine si è dotato di un wine club mentre il 75% di chi non lo ha ancora fatto dichiara che lo realizzerà o lo sta prendendo in considerazione.
“I wine club italiani - spiega Filippo Galanti, co-founder Divinea - registrano molti iscritti ma producono volumi relativamente contenuti. Metà dei wine club italiani hanno più di 500 membri ma generano spesso vendite irrisorie, a dimostrazione di una mancata cultura del dato. Spesso le informazioni raccolte non sono utilizzate adeguatamente per fidelizzare i clienti”.

Delle aziende italiane iscritte - secondo i dati di Mediobanca - il 25% ha più di 1.000 iscritti, il 25% da 500 a 1000, il 14,3% da 100 a 499, il 35,7% meno di 100. Da questi utenti i volumi generati sono spesso irrisori e le vendite tramite wine club rispetto alle vendite direct to consumer incidono meno del 5% nel 39,3% dei casi e più del 50% solo per il 3,6%. Il wine club, dal punto di vista del marketing, ha un target di clienti molto omogeneo, che va nutrito con l’obiettivo di mantenere il cliente (retention), incoraggiarlo a comprare con frequenza (ricorsività), portarlo ad aumentare il budget di spesa (upselling) e fargli fare esperienze come visite aziendali (selling integrato). Le funzionalità dei wine club italiani, però, sono diverse da quelle statunitensi: le cantine italiane offrono soprattutto accessi riservati agli utenti registrati e l’e-shop con annate e formati speciali, mentre solo una su cinque propone l’abbonamento con spedizione periodica.

Secondo Francesco Minetti, Ceo dell’agenzia Well Com, “in Italia il wine club non porta ancora i risultati che si manifestano in altri Paesi come gli Stati Uniti perché con il consumatore finale ci vuole energia e continuità nel coltivare una relazione, prima e dopo l’acquisto”. Investire sul consumatore del vino è vincente per diverse ragioni: l’evoluzione del modello di consumo del vino e la crescita della domanda diretta del consumatore; la vendita diretta è un canale commerciale integrativo e diversifica il rischio; la vendita diretta al consumatore finale aumenta in maniera significativa la redditività dell’impresa; l’incasso immediato migliora le dinamiche finanziarie; infine il contatto diretto rappresenta un modo di fidelizzare il cliente.

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