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LA CURIOSITÀ

I vini dei Parchi Naturali, che nascono nei territori protetti più biodiversi e “delicati” d’Italia

Dalle Cinque Terre al Vesuvio, dalla Maiella all’Alta Murgia ed al Pollino, Slow Food racconta storie di viticoltura di grande valore ambientale

In Italia esistono oltre 870 aree protette, per un totale di 3 milioni di ettari tutelati a terra, 2.850 ettari a mare e 658 km di costa. Sono i Parchi nazionali, interregionali e regionali, e le aree marine protette sottoposte a tutela dello Stato, che, con la Legge 394 del 6 dicembre 1991, ha dettato i principi fondamentali per la gestione. Tra questi, come ricorda Slow Food, c’è anche la possibilità in questi “delicati” territori, veri e propri “scrigni” di biodiversità, di promuovere la valorizzazione e la sperimentazione di attività produttive ed agricole, come la coltivazione della vite. È così, possibile scoprire vini e cibi prodotti in alcune aree, da Nord a Sud dello Stivale, dal grande valore ambientale.
Nel Parco Nazionale delle Cinque Terre, in Liguria, l’agricoltura è un’attività storica, e la coltivazione della vite è una pratica millenaria, che ha disegnato il famoso paesaggio terrazzato, oggi Patrimonio Unesco: non c’era cantina delle Cinque Terre nella quale non venivano conservate decine di arbanelle di acciughe e l’odore di vino e di pesce si fondevano in una storica simbiosi. Le popolazioni traevano il loro sostentamento principale dall’attività agricola, barattando con le popolazioni dell’entroterra i propri prodotti e cercando di vendere una parte del vino nelle vicine città di La Spezia e Genova. E, ancora oggi, la produzione vitivinicola, le coltivazioni e, quindi, le ricette gastronomiche sono una testimonianza delle tradizioni locali, del modo di vivere delle popolazioni e rappresentano un’espressione concreta della cultura locale, dai limoni al miele, dall’olio extravergine di oliva alle Acciughe salate di Monterosso, dallo Sciacchetrà al Vino Cinque Terre Doc. Come il Bianco Amante del Sole di Cian du Giorgi, piccola azienda del Parco, come lo sono tutte, preziose perché contribuiscono a mantenere un territorio dall’equilibrio estremamente fragile grazie alla viticoltura eroica.
Nel Parco Nazionale del Vesuvio, in Campania, la fama dei vini ha fatto fiorire miti e leggende - “Bacco amò queste colline più delle native colline di Nisa”, scriveva il poeta romano Marziale - accanto alla produzione di albicocche di cento specie, pomodorini del piennolo di piccole dimensioni, che le genti vesuviane legano in grappoli sospesi e conservano fino a Natale, di ciliegie, agrumi, noci ed olive, tutti prodotti inimitabili, dal sapore marcato e tipico. Vini vesuviani che nascono da vitigni come Coda di Volpe o Caprettone, Piedirosso o Per’ ‘E Palummo, Sciascinoso, Falanghina e l’Aglianico, a partire dal più famoso, il Lacryma Christi. Dall’uva bianca più antica portata dagli spagnoli e coltivata alle falde del Monte Somma, si producono etichette come la Catalanesca Summa delle Cantine Olivella, a 650 metri di altitudine nel cuore del complesso vulcanico Somma-Vesuvio formatosi a seguito dell’eruzione pliniana del 79 d. C., ma il cui nome deriva da una sorgente nella quale è stato rinvenuto un orcio vinario, testimonianza di un territorio in cui già in epoca romana si producevano vini commercializzati a Pompei.
Il Parco Nazionale della Maiella, in Abruzzo, fa parte del Sistema di Geoparchi Mondiali Unesco, ed il suo paesaggio agrario è frutto della millenaria presenza dell’uomo sulla “montagna madre”, è un elemento di grande valore in termini storici, agronomici, naturalistici, estetici, ricreativi e turistici, e rappresenta un importante sistema capace di perpetrare e promuovere un’economia responsabile in linea con le esigenze dell’ambiente: dal fondovalle, in cui si coltivano orti e vigneti, alle colline in cui è l’olivo a predominare, dagli Altipiani Maggiori coltivati a cereali e prati da foraggio, alle praterie, “immagine vivente” del territorio e della pastorizia italiana, l’agricoltura tradizionale giunta fino a noi, ha contribuito ad aumentare la biodiversità, attraverso la creazione di habitat per specie protette di flora e fauna. Tra il Cammino Grande di Celestino e gli antichi eremi, il Vigneto San Calisto con le sue vecchie vigne non è solo il “padre” di tutti i vigneti di Montepulciano d’Abruzzo di Valle Reale, come il vigneto di Popoli dove nasce il Cru San Calisto, ma il suo grande valore storico è dato anche dall’essere testimonianza della secolare produzione del vino-simbolo d’Abruzzo in queste terre montane.
Da settembre 2024, anche il Parco Nazionale dell’Alta Murgia, in Puglia, è entrato a far parte del Sistema di Geoparchi Mondiali Unesco. Non si può comprendere la Murgia senza toccare le pietre, da quelle dei Castelli a quelle delle Poste utilizzate dai pastori per proteggere le greggi, dagli “Jazzi” degli allevamenti i ovini alle masserie, lungo gli antichi “tratturi della transumanza”, aspettare il ritorno dei falchi grillai nei crepuscoli estivi per il riposo notturno e gustare il pane di grano duro, i dolci di mandorla, i fichi secchi, i funghi, i formaggi di pecora ed i vini che nascono nei vigneti che circondano il celebre Castel del Monte, splendida fortezza di Federico II di Svevia, che domina gran parte del territorio, e che dà il nome ad una delle più famose Doc della regione. Come il Castel del Monte Nero di Troia Pietra dei Lupi 2020 delle Cantine Carpentiere, tra le aziende del Parco che portano avanti la secolare tradizione della viticoltura, dove l’Imperatore cacciava con i suoi falchi.
Infine, un altro Geoparco Unesco, il Parco Nazionale del Pollino, tra Basilicata e Calabria, con la sua natura aspra e varia, tra montagne, boschi e torrenti, ed una flora e fauna uniche, e la sua comunità che tramanda usi e tradizioni popolari, lingue, canti e danze antichissimi, e che modella e cura il territorio con attività di coltivazione, semina, pascolo, allevamento, trasformazione dei prodotti vegetali, del latte e delle carni suine, alla base dei prodotti della Dieta Mediterranea, e tipicamente locali come il peperone di Senise e la melanzana rossa di Rotonda, dal pane di Cerchiara al miskiglio, dalla soppressata alla ricotta, dal miele alle marmellate, dai liquori a base di frutti spontanei al Moscato di Saracena. Che è un Presìdio Slow Food, e da cui nascono vini come il Moscato Passito al Governo di Saracena di Feudo di Sanseverino, i cui vigneti si trovano nel cuore del Parco, a Saracena in Calabria, di cui custodisce i vitigni autoctoni dell’antica Enotria.

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