Vero e proprio esperimento costruito a partire da un passo indietro lunghissimo nella storia enoica del Mediterraneo, il progetto dell’elbano Antonio Arrighi è cominciato sotto l’impulso di Attilio Scienza, rapito dalle suggestioni dell’antico vino di Chio e dalle ragion per cui fosse così noto ed apprezzato. Protagonista l’Ansonica, varietà strettamente imparentata con l’Ansonica-Inzolia utilizzata nell’isola greca, che è declinata a partire dall’immersione per alcuni giorni in mare di ceste di vimini riempite delle sue uve, poi appassite al sole e successivamente fermentate ed affinate in anfore con le bucce per sei mesi. Il contatto diretto con il mare e le sue correnti per qualche giorno ha lo scopo di togliere la pruina della buccia dell’uva senza danneggiare l’acino, accelerando così il successivo appassimento al sole e preservando l’aroma del vitigno. Un processo produttivo antico e del tutto originale, capace di donare al vino suggestioni a dir poco ancestrali. La versione 2019 del Nesos, che in greco antico significa “isola”, per l’appunto, possiede un bagaglio olfattivo decisamente iodato, che rimanda ai fiocchi di sale marino e alle alghe, per poi passare su toni di frutta esotica, spezie piccanti, humus e fiori di camomilla. In bocca, il sorso è sapido ma non salato e il frutto è abbondante, fino ad un finale giocato tra sapidità e dolcezza e da rimandi alla macchia mediterranea.
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