Il Vin Santo è condannato ad un'esistenza marginale nell'affollato panorama enoico del Bel Paese per tanti motivi, che meriterebbero un'analisi a parte. Eppure, si tratta di una delle tradizioni più profonde che il Bel Paese possegga e che, non di rado, è stata il "trampolino di lancio" per molti rossi italici oggi blasonati. In Toscana, questo vino conserva, tuttavia, una posizione ancora di rilievo e Montepulciano rimane una delle "capitali" della sua produzione. La famiglia Falvo, fondatrice di Avignonesi, pose un'attenzione spasmodica attorno al Vin Santo, quasi superiore a quella riservata al Nobile. E proprio le etichette della cantina di Valiano firmate Falvo, oggi di proprietà di Virginie Saverys (Compagnie Maritime Belge), brillano di luce propria. Non tanto con la versione Occhio di Pernice (da Sangiovese), forse un vino che somiglia più ad una specie di aceto balsamico da consumarsi a piccolissime dosi, quanto nella versione Vin Santo "semplice" (da Trebbiano e Malvasia). La versione 1994, tra le altre cose, fa percepire, ai massimi livelli, le caratteristiche essenziali del Vin Santo toscano. I profumi spaziano dal miele, al mallo di noce, alla frutta candita e secca per arrivare ad una bellissima nota iodata a rifinitura. In bocca, il vino è denso, dolce e sontuoso, ma ben ritmato da una verve acida che rilancia il sorso e lo rende vivace e a tratti nervoso.
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