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Corriere Della Sera / Italie

Se le “chiusure di garanzia sono aperte al mondo ... Giovannini di Guala e i tappi per alcolici... “Quando mi trovo nelle nostre fabbriche estere, spesso sento dire dai concorrenti che hanno ricevuto richieste per produrre chiusure per bottiglie “Guala like”. È il migliore complimento che ci possono fare”. Così racconta Marco Giovannini presidente e amministratore del gruppo Guala Closures, l’azienda di Spinetta di Marengo, alle porte di Alessandria, che ogni anno assembla 8 miliardi di chiusure di sicurezza in plastica e alluminio. Usate dai produttori di liquori, vini e olii di mezzo mondo. Una storia di imprenditori del made in Italy che esportano “tecnologia invisibile”. L’inizio è di metà Anni 50. Siamo nell’Italia del dopoguerra, alla partenza del boom economico, quando bastava una buona idea e la firma di un pacco di cambiali. Da onorare nel tempo. Così è stato per Angelo Guala e i due figli Piergiacomo e Roberto. La partenza nel box di casa, con due presse a iniezione per lo stampaggio artigianale di materiale plastico. Si producono tacchi, chiusure per bottiglie di profumo e omini colorati del calciobalilla. Poi all’inizio del 1960 arriva una strana richiesta da Ramazzotti, quella dell’amaro. Si accorgono che qualche barista furbetto, fa il “rabbocco”. Cioè aggiunge nelle loro bottiglie un amaro di qualità scadente e lo vende come originale. Così inizia la produzione di qualche migliaio di tappi plastici con chiusura di garanzia. Nascono i primi brevetti industriali. Nel corso di pochi anni i Guala coprono un quarto del mercato italiano e servono distillerie storiche del calibro di Cynar, Buton e Stock. Iniziano l’export: chiusure per whisky scozzesi, cognac francesi, bottiglie di sherry in Spagna. Fino ad arrivare al 1998 quando avviene il cambiamento nell’azionariato. Un fondo di private equity e Marco Giovannini acquisiscono dalla famiglia il pacchetto di maggioranza. Adesso l’azienda fattura 326 milioni di euro, conta 2000 dipendenti che lavorano in 20 paesi. Hanno superato la crisi con risultati positivi, segnando nei rimi sei mesi 2009 un margine operativo lordo di 31 milioni di euro. Con mercati in ascesa: vedi Cina, India e Brasile. E nuovi sbocchi come la Mongolia, impensabili fino a qualche anno fa. “Ma quello di cui andiamo più fieri e il know how - spiega Giovannini - la proprietà di 74 brevetti internazionali riferiti ai prodotti, ma anche ai processi di fabbricazione e parti meccaniche”. Perché costruire una chiusura di garanzia (non chiamatela “tappo” in sua presenza) è un procedimento complesso: bisogna assemblare parti in alluminio e plastica, oltre 15 pezzi per chiusure elaborate, con precisioni del centesimo di millimetro. Con rabbia dei cinesi che non riescono a copiarle.

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