Nelle terre toscane sta facendo parlare di sé un nuovo vitigno, l’Orpicchio. Si tratta in realtà di una riscoperta: queste uve autoctone erano già note alla fine dell’800. Come risulta dal registro nazionale delle viti in cui è stato inserito nel 2007, può essere usato in 5 Igt toscane diverse. Negli ultimi dieci anni alcuni vignaioli le stanno rivalutando: tra questi c’è Dianella, che nel 2009 ha selezionato vecchi biotipi di Trebbiano identificando l’Orpicchio. Da una cernita dei vari biotipi e dalla loro riproduzione, su una collina a Vinci ha realizzato un vigneto dedicato, che ha mantenuto il più possibile le caratteristiche di biodiversità. Non più di seimila metri quadrati coltivati a biologico, che l’enologo Franco Bernabei intende espandere, perché l’Orpicchio è destinato a diventare il vino importante dell’azienda. Da questo piccolo grappolo giallo dorato dalla buccia spessa e croccante, che offre soltanto il 30-40% di succo, nasce un bianco in purezza. Dopo la vendemmia, le uve sono fermentate in legno a contatto con la feccia nobile e i lieviti in sospensione per 6-7 mesi. Il vino viene poi rimesso in vasca, lasciato decantare e messo in bottiglia. Il risultato è un vino di grandissima eleganza ed equilibrio, color giallo paglierino con leggere sfumature verdi, con sentori di fiori gialli, frutta tropicale e muschio. In bocca, permangono le note fruttate e muschiate.
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