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“DAL FUOCO ALL’ACQUA”

Etna negli abissi: tra sostenibilità e condizioni costanti i vini del vulcano affinano nel mare

La start-up Orygini, il Consorzio Vini Etna e l’Università di Catania studiano le differenze tra l’affinamento in cantina e nei fondali marini

Luce costante, temperatura costante, pressione costante e correnti costanti. Tutte a costo zero, con un risparmio non indifferente sui costi energetici di una cantina. O almeno questo è quel che sembra. La realtà e molto più complessa di così e molto difficile quindi da misurare e quantificare, ma a Catania ci stanno provando a partire dalla start-up Orygini - fondata da Luca Catania, Giuseppe Leone e Riccardo Peligra - che hanno coinvolto il Consorzio di Tutela Vini Etna e i suoi produttori disposti a sperimentare con le proprie bottiglie, e la Facoltà di Scienze e Tecnologie Alimentari dell’Università di Catania, per parametrare e misurare gli eventuali cambiamenti che avvengono negli affinamenti in cantina o sui fondali marini, nell’Area Marina Protetta dell’Isola dei Ciclopi al largo di Aci Trezza che ha permesso l’inabissamento delle casse di vino a partire dal 12 luglio 2022.
Tutto è partito dalla notizia delle 168 bottiglie di Champagne ritrovate nel mar Baltico oltre 10 anni fa, rimaste sott’acqua per 200 anni e riesumate in condizioni perfette all’assaggio. I fondatori della start-up - appassionati di subacquea - hanno giocato per molto tempo con l’idea di replicare le condizioni sotto forma di esperimento, per capire quali sono le condizioni che permettono di allungare così tanto la longevità del vino inabissato. Esperimento certamente non unico in Italia, ma che ha voluto fortemente il supporto della comunità locale: scientifica, produttiva e ambientale. “Il vulcano Etna nasce dalle Isole dei Ciclopi, e l’idea era quindi di riportare il fuoco, o meglio, ciò che oggi cresce da quel fuoco fertile, al mare. Da qui il nome della start-up: Orygini”. Le aziende ad oggi partecipanti sono due, Passopisciaro e Benanti, che hanno accettato di mettere a dimora sul fondale marino, a circa 44 metri di profondità, 1.000 bottiglie per ciascuna etichetta coinvolta: Passobianco e Passorosso 2019 per Passopisciaro della famiglia Franchetti, e l’Etna Rosso 2020 di Benanti, tra le più antiche cantine del territorio etneo.
La degustazione organizzata a “Vinitaly 2023”, guidata dal giornalista Aldo Fiordelli alla presenza dei fondatori di Orygini, di Francesco Cambria e Maurizio Lunetta, presidente e direttore del Consorzio di Tutela Vini Etna, e dal direttore dell’Area Marina Protetta dell’Isola dei Ciclopi Riccardo Strada, ha coinvolto sia le 3 etichette inabissate per 6 mesi, sia le loro gemelle affinate normalmente in cantina per altrettanti mesi, allo scopo di percepirne le differenze organolettiche. I vini che hanno riposato sul fondale hanno effettivamente dimostrato una tensione maggiore e una sorta di giovinezza più spiccata e ben equilibrata per quanto riguarda il bianco di Passopisciaro, mentre spiccano dei tannini più amalgamati e un sorso più calmo per quanto concerne i rossi, sia di Passopisciaro che di Benanti.
Sei mesi sono chiaramente solo l’inizio di un progetto che vuole perdurare e che farà sorgere nuove domande, magari coinvolgendo altre cantine o altri vini. L’idea è di continuare l’affinamento in mare fino a raggiungere almeno i 12 mesi, per poter anche proseguire la raccolta di dati che concernono la luce, la temperatura, le correnti e le pressioni (che influiscono in modo duplice sul vino: tramite vibrazioni, che causano una sorta si remuage continuo; tramite la pressione del mare, che cambia la forma della bottiglia di vetro e quindi influisce sulla pressione che subisce il liquido al suo interno). Ma si sta anche pensando di aumentare la profondità di inabissamento, (raggiungendo i 70 metri di profondità con l’aiuto della Marina Militare) e di calcolare in modo preciso la quantità di anidride carbonica emessa risparmiata, quando non serve una cantina da climatizzare per affinare il vino a temperatura, umidità e luce stabile.
Che sia una strada percorribile concretamente per l’intera produzione di vino di una cantina è certamente discutibile, ma potrebbe diventare interessante per qualche nuovo produttore che non ha una cantina e che produce poche bottiglie di vino. La ricerca fine a sé stessa spinta da passione e curiosità invece è lodevole, oltre che rara, e ha già portato al brevetto di tappi speciali in sughero coperti da una ceralacca che permette di resistere alla pressione del mare. Ricerca che oltretutto potrebbe trovare un futuro finanziamento dalla vendita delle bottiglie inabissate: pregiati unicum già oggi provvisti di microchip, che ne raccontano la storia, e impreziositi da monili cesellati a mano dagli artigiani Fratelli Napoli.

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