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GLOBALIZZAZIONE DEL VINO, IL NUOVO MONDO NON FA PIU’ PAURA: ORA SONO PROPRIO LE GRANDI CANTINE ITALIANE A DISTRIBUIRE, INSIEME ALLE PROPRIE BOTTIGLIE, ANCHE ETICHETTE CILENE E AUSTRALIANE

Castello Banfi
Enrico Viglierchio, direttore generale della Castello Banfi

Se il tuo nemico è troppo forte per sconfiggerlo, alleati con lui: sembrano ispirarsi all’antica massima orientale quelle aziende del vino italiano che, di fronte alla minaccia proveniente dai concorrenti del Nuovo Mondo, hanno deciso di diventare “amici” dell’avversario, e inseriscono nel proprio portafoglio-prodotti vini australiani e cileni accanto alle bottiglie a marchio proprio. Come Castello Banfi, la più grande realtà produttiva di Montalcino (60 milioni di euro di fatturato nel 2004) che distribuisce dal 2001, insieme al Brunello e ai vini della tenuta piemontese Vigne Regali, anche gli australiani di Stonehaven, a cui si sono aggiunti nel 2004 i cileni di Punta Nogal e lo Champagne Joseph Perrier.
Di questi giorni è poi l’accordo, sempre in esclusiva, per la distribuzione in Italia dei vini della più grande e prestigiosa azienda vitivinicola del Sud America, la cilena Concha y Toro, i cui vini sono esportati in oltre 100 Paesi nei cinque continenti. Ci troviamo così di fronte ad uno scenario fino a poco tempo fa impensabile: i vini concorrenti entrano dalla porta principale, tenuta gentilmente aperta proprio dalle aziende di casa nostra. Una strategia di marketing completamente diversa da quella delle aziende italiane che investono all’estero producendo vini a marchio proprio, e frutto di una pianificazione commerciale che viene da lontano: basti pensare che i marchi attualmente distribuiti da Banfi in Italia sono gli stessi (a parte lo Champagne) di quelli distribuiti da Banfi negli Stati Uniti.
Secondo Enrico Viglierchio, direttore di Castello Banfi: “Da sempre la Banfi si è caratterizzata nel mondo del vino per il suo approccio innovativo, e talvolta pionieristico, sia dal lato produttivo che da quello commerciale e di marketing. In quest’ottica è nato il progetto di distribuzione di prodotti provenienti da altre regioni viticole quali Francia, Cile ed Australia. Il consumatore di oggi, oltre ad una sempre più profonda conoscenza dei prodotti della tradizione italiana, ama ed è incuriosito da quello che accade nel mondo vinicolo nella sua globalità. Ed è sulla comparazione, il confronto e la conoscenza di queste realtà che si basa la nostra continua crescita nel comprendere l\'evoluzione del consumatore di oggi e di domani. La Banfi ha voluto fare propria questa filosofia offrendo la possibilità di degustare un portafoglio prodotti che racchiude le più importanti realtà viticole nel panorama mondiale: dalla Toscana al Piemonte, dallo Champagne al Cile, fino all\'Australia. I vini sono a nostro parere una “porta privilegiata” per degustare territori diversi, apprezzarne le loro peculiarità e tipicità e valorizzare l’inscindibile legame vino-territorio”.
Si fa dunque strada una nuova e inaspettata tendenza nell’enologia del nostro Paese, un atteggiamento sempre più aperto verso la globalizzazione del vino. A contrapporsi due schieramenti: da una parte c’è chi investe sui vitigni autoctoni, chi demonizza i vini a matrice internazionale, chi protesta contro le multinazionali del vino, dall’altra c’è chi comincia a ragionare in modo differente. La globalizzazione secondo alcune aziende di casa nostra è ormai un dato di fatto: che si sia favorevoli o contrari, si tratta di un processo difficilmente arrestabile.
L’Italia è ancora un’isola felice, ma basta andare in Inghilterra, Francia, Spagna o Germania per trovare vini del Nuovo Mondo accanto a quelli europei. L’offensiva di Cile, Australia, Nuova Zelanda e Sudafrica ha costretto i produttori storici di vino a cercare nuove strategie di marketing, sempre più importanti rispetto al prodotto in sé stesso. In quest’ottica “realistica” è certo più remunerativo trarre vantaggio dalla vendita di vini stranieri grazie ad un accordo distributivo, piuttosto che impegnarsi in una strenua (per molti vana) difesa delle proprie posizioni commerciali.
La concorrenza del vino si gioca ormai su uno scacchiere globale, tutti contro tutti, e le posizioni acquisite non servono più a vincere. Basti pensare che in Gran Bretagna la Francia non vanta più la leadership immutata da secoli, sorpassata da nuovi e agguerriti marchi internazionali, e presto anche in Italia sarà normale trovare sugli scaffali di tutti i supermercati, anche quelli piccoli o periferici, vini in arrivo da tutto il mondo.

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