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Grandi contro piccoli, Veneto contro Friuli e Alto Adige: il cammino della nuova denominazione interregionale del Pinot Grigio, che nascerebbe dall’Igt delle Venezie, più che unire sembra dividere, in maniera netta, tra interessi e obiettivi diversi

Grandi contro piccoli, Veneto contro Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige: il cammino della nuova denominazione interregionale del Pinot Grigio, che prenderebbe le mosse dall’attuale Igt delle Venezie, di cui si parla da qualche mese, e che dovrebbe nascere sul territorio delle tre Regioni del Nord-Est, per ora più che unire sembra dividere, in maniera netta, tra interessi e presupposti diversi. A spingere sull’acceleratore è il Veneto, titolare di 10.000 ettari a Pinot Grigio (su un totale di 23.000 in tutto il Belpaese, di cui 20.000 proprio nel Nord-Est, per 330-350 milioni di bottiglie prodotte ogni anno), che nella creazione della Doc vede l’unico strumento per difendere il Pinot Grigio, una varietà internazionale coltivata un po’ ovunque, dalla concorrenza di Usa e Australia.
Dal mondo produttivo del Friuli, invece, è stata una vera e propria levata di scudi, sia contro il progetto voluto dai big veneti, sia contro gli amministratori della propria Regione, a partire dall’assessore all’agricoltura, che ha chiesto il consenso alla realizzazione dell’iniziativa, che prevede il superamento delle storiche Igt friulane. Da Jermann a Volpe Pasini, da Marco Felluga a Bastianich, i vignaioli friulani si sono riuniti nel “Comitato Difesa Vino Friulano”, pronti a difendere “la nostra Storia, la nostra Cultura, la nostra Identità, che non sono in vendita. Perché se intuiamo e comprendiamo gli interessi delle grandi industrie venete nel proporre una Doc interregionale Pinot Grigio, non comprendiamo assolutamente come i nostri responsabili regionali accettino supinamente il progetto”. E ancora, come si legge nella lettera indirizzata a tutti i friulani, e pubblicata da diversi quotidiani locali, “non state a dirci che questo progetto somiglia a quello del Prosecco, che serve a vendere, perché il Pinot Grigio friulano si vende già, funziona piuttosto bene e ci consente di realizzare margini che i veneti neanche immaginano. Non diteci che serve per tutelare il nostro Pinot Grigio dalla concorrenza internazionale, perché una Doc non può tutelare un vino che prende il nome di un vitigno”.
Come detto, il progetto è già ben avviato, e nelle intenzioni delle grandi cantine del Veneto non c’è nessuna volontà di giocare al ribasso, nonostante le rese previste (si parla di 180 quintali per ettaro), siano ben più alte della stragrande maggioranza delle denominazioni del Belpaese. Anzi, l’obiettivo è proprio quello, attraverso la Doc, di spuntare prezzi più alti, perché sul mercato Usa, il primo per importazioni e consumi, la battaglia dei prezzi con i produttori di Oregon e California è impossibile da vincere. E allora, come sottolinea Ettore Nicoletto, ad di Santa Margherita, che il successo del Pinot Grigio l’ha costruito 54 anni fa, ed oggi esporta 7 milioni di bottiglie in Usa, “è indispensabile uno sforzo commerciale e di marketing da parte dei produttori, tale da consentire un riposizionamento del prezzo”. Sforzo che va unito necessariamente ad un miglioramento qualitativo, come dice Christian Scrinzi, direttore enologico e di produzione del Gruppo Italiano Vini: “è necessario arrivare a una qualità significativamente diversa, take da giustificare un più alto costo, altrimenti siamo perdenti”. Convinto del progetto anche Domenico Zonin, che vede nella creazione della Doc un dovere “ che avrebbe anche l’effetto di innalzare la qualità media del vino che va all’export”. E se dall’Alto Adige il “no” alla Doc del Pinot Grigio è fermo, dal Trentino, Mezzacorona si dice “molto interessata”.
Per capire meglio la preoccupazione dei produttori friulani, e cosa comporterebbe la nascita della Doc più grande d’Europa, WineNews ha parlato con Emilio Rotolo, presidente della Volpe Pasini. “Qualcuno l’ha definita la madre di tutte le proposte indecenti, unificare e far diventare Doc una delle Igt più diffuse che ci sono in Italia, il Pinot Grigio Igt delle Venezi. Senza, tra l’altro, che sia prevista una Igt a ricaduta, con riflessi estremamente pericolosi per quanto riguarda il futuro di un controllo, basti pensare - spiega Rotolo - al refugium peccatorum che potrebbe diventare un mostro di queste dimensioni, da poco meno di 500 milioni di bottiglie potenziali. Che dovrebbe unificare addirittura tre Regioni, e conquistare il non poco ambito primato di Doc più grande d’Europa, come se l’esempio della Spagna non avesse insegnato nulla. Al di là di tutto questo, la protesta del nostro comitato, fatto di aziende delle colline e della pianura friulana, è contro questo tipo di proposta, che sembra debba essere realizzata a tutti i costi, da un giorno all’altro, perché si tratterebbe - continua il presidente di Volpe Pasini - di un’enorme e palese truffa nei confronti del consumatore: stiamo parlando di un vino che viene venduto a poco più di un euro a bottiglia, che rappresenta non la base della piramide enologica, ma lo scantinato, e che da un momento all’altro, con un colpo di bacchetta magica, si ritrova all’apice. In un momento in cui anche il Presidente del Consiglio indica l’eccellenza e la biodiversità nel futuro e nella crescita dell’agroalimentare italiano, dei gruppi industriali, o politico industriali, non meglio definiti e trasversali, cercano di creare un mostro. È inammissibile, ma noi non possiamo lottare contro logiche politiche o industriali che vanno al di sopra delle nostre dimensioni, però - dice ancora Rotolo - vogliamo lottare per il nostro territorio e per i nostri vigneti, per cui non possiamo fare altro che comprare pagine sui quotidiani per attirare l’attenzione. Se non servirà scenderemo in piazza con i trattori, difenderemo fino alla fine i nostri diritti acquisiti”.
“La lotta spero che sia già alla fine, perché visto che i media italiani sono d’accordo con la nostra posizione, come ho letto spesso su internet, mi aspetto che il buon senso abbia la meglio su queste logiche politico industriali. Che il Ministro Martina venga da noi - chiosa il presidente di Volpe Pasini - così gli spieghiamo di cosa stiamo parlando, così come il Presidente della Regione Serracchiani, che fino ad oggi non si è fatta viva, eppure rappresentiamo il 100% del vino friulano che è nelle liste dei vini di tutto il mondo. Gradiremmo maggiore attenzione: se non l’avremmo, useremo le nostre campane, ossia i nostri trattori ed i nostri vigneti, ma chiaramente un patrimonio di cultura come quello del Friuli enologico non può essere affossato verso la quantità industriale, come vorrebbero fare”.

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