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MERCATI E PREVISIONI

Il 2019 nelle previsioni dei produttori del Belpaese? Fiducia “condizionata”

Dalla ProWein di Düsseldorf il punto di vista di alcune delle griffe più rappresentative dell’Italia del vino, tra Usa, Germania, Uk e Cina
EXPORT, MERCATI, PROWEIN, Mondo
Dalla ProWein, l’outlook dei produttori italiani sul 2019

Dopo un 2018 non brillantissimo per il vino italiano nel mondo, che fatica in Usa e resiste senza brillare in Cina, pur mantenendo le proprie posizioni sui principali mercati del Vecchio Continente, WineNews ha raccolto le aspettative per il 2019 dei produttori del Belpaese, al banco di prova del ProWein, a Düsseldorf fino al 20 marzo. Un “giro di microfono” tra alcune delle griffe più iconiche dello stivale, che inizia idealmente dalla Valpolicella, con la visione ottimistica di Pierangelo Tommasi, a capo di Tommasi Family Estates, gruppo presente con proprie aziende anche in Toscana, Oltrepò Pavese, Puglia e Basilicata. “Sono ottimista per natura, ma la mia idea è che oggi il vino bisogna andarselo a vendere, bisogna darsi da fare, porsi degli obiettivi chiari. Nel nostro caso riusciamo ad avere un quadro piuttosto completo della situazione: Valpolicella e Toscana sono in salute, altri territori faticano un po’ di più, ma l’Italia secondo me ha un qualcosa in più, da dover sfruttare, in termini di territorialità e tipicità, ma bisogna fare squadra, ed è forse l’aspetto che mi preoccupa di più”.
Big del vino marchigiano, con 200 ettari tra proprietà e conduzione, Angela Velenosi lancia invece l’allarme su “un mercato che sta frenando, e anche le nuove mete, come la Cina, ha subito una battuta d’arresto. La nota positiva arriva proprio dal mercato interno, e allora forse varrebbe la pena concentrarci sull’Italia, che abbiamo trascurato in tanti, trovando, sono convinta, anche una crescita della redditività. L’America è piuttosto ferma, la Germania è frenata, ma non molliamo”. E la Sicilia? Secondo un decano della viticoltura della Trinacria e dei mercati enoici, Alessio Planeta, “non sta andando male, il lavoro sulla Doc Sicilia sta dando risultati importanti, il nostro obiettivo era far crescere il prezzo medio e ci siamo riusciti. È stato un 2018 generalmente buono, anche sulla spinta dell’ottima performance dell’Etna. Ci sta, dopo anni di crescita a ritmi vertiginosi, di tirare il fiato, specie quando tante situazioni non aiutano, a partire dalla Brexit, ma il 2019 si prospetta positivo, anche se il vino italiano dipende dai grandi mercati, Usa, Germania e Gran Bretagna, è lì che si fanno i numeri”.
Se c’è un vino pare immune da qualsiasi influenza esterna, quello è il Prosecco, pronto a crescere ancora nel 2019 sulle ali “di una buonissima vendemmia - racconta Elvira Bortolomiol, a capo dell’azienda biologica del Prosecco di Conegliano - che da noi hanno dato grandi risultati. Il mercato richiede sempre più qualità, controllata e garantita. Dalla Germania ci aspettiamo che riprenda la sua corsa, mentre sui mercati asiatici stiamo ancora cercando di avere un posizionamento adeguato”. Dipinge uno scenario “preoccupante per il 2019” Filippo Mazzei, alla guida della storica famiglia del vino toscano, che abbraccia griffe del Chianti Classico (Castello di Fonterutoli), Maremma (Belguardo) e Sicilia (Zisola). “Tra Brexit ed eventuali dazi si prospettano problematiche che speriamo di scongiurare. Al netto di tutto ciò, credo che la Toscana stia tornando fuori alla grande: il Canada vola, la Russia va bene, l’Asia sta facendo il suo lavoro, è l’Europa che frena, a partire proprio dalla Germania”.
Produttrice di frontiera, in Friuli Venezia Giulia, con bianchi che hanno fatto la storia recente del vino friulano, Ornella Venica dà una lettura positiva del momento. “L’Italia, sia pur di poco, continua a crescere ed a dare soddisfazioni, gli Stati Uniti vanno bene, la Germania ha bisogno invece di un’attenzione particolare, ma i mercati vanno seguiti tutti, sostenuti da qualità e sostenibilità, ambientale e sociale, alla base delle soddisfazioni future”. Vignaiolo per scelta, non per caso, e con passione, Bruno Vespa è ormai una presenza fissa ai maggiori saloni del vino in giro per il mondo, e sulla situazione ha un punto di vista originale. “Siamo un’azienda giovane - spiega il giornalista - in espansione continua, e non è detto che dove per i gruppi più grandi ci siano delle difficoltà non si possano aprire delle possibilità per noi. Il vino italiano è sempre più buono, se facessimo gioco di squadra non sarebbe male”. Segue il ragionamento di Vespa Roberto Anselmi, a capo della griffe veneta che vanta 70 ettari vitati tra Monforte e Soave. “L’andamento del 2019 dipenderà molto dalle situazioni di partenza, chi è in crescita continuerà a fare bene, chi ha difficoltà meno, ma l’annata 2018, che ha comunque fatto segnare un nuovo record che andrà sul mercato, è stata di ottimo livello, anche qualitativamente”. Per Chiara Lungarotti, che a Torgiano, nel cuore dell’Umbria, guida con la sorella Teresa l’azienda di famiglia, “il bicchiere è mezzo pieno, ma nel 2019 si dovranno fronteggiare tante situazioni particolari, in tutto il mondo. A parte l’incognita della Brexit ed il suo eventuale peso, ci sono le incognite del Nord America, con le politiche imprevedibili del presidente Trump, e poi la Cina, ancora un punto interrogativo, rafforzato dal polverone scaturito dalle trattative per la “via della Serta”, Alla fine, ciò che rende vincente il vino italiano è la qualità, la cosa che conta davvero”. Cauta, infine, la lettura di Alessio Di Majo, Dimajonorante, simbolo del Molise del vino nel mondo. “I primi due mesi del 2019 hanno dato segnali positivi, ma ci sono alti e bassi. La Germania tentenna, Stati Uniti, Giappone e Cina vanno meglio, molto dipenderà dall’andamento dell’economia mondiale, ma anche la situazione dell’Inghilterra ci impone di stare all’erta”.

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