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Il Sole 24 Ore / Rapporti

La competitività aumenta solo con aziende più grandi ... Alimentare. La tenuta sui mercati internazionali sarà sempre più correlata alla dimensione dell’impresa... Consumi alimentari in crisi? Beh, sostenere il contrario sarebbe un azzardo perso in partenza. La difficoltà di arrivare a fare la spesa alla quarta e, forse, anche alla terza settimana, è un problema che tocca da vicino milioni di famiglie. E naturalmente coinvolge migliaia di aziende alle prese con le vendite in flessione e gli ordini che marciano al rallentatore.
Eppure, grazie al fattore export, si può escludere che il quadro complessivo del settore sia da notte buia. Anzi. Il made in Italy alimentare, ancorché subire come tutti gli altri comparti produttivi le conseguenze della crisi finanziaria ed economica originata dai mutui sub prime un buon motivo per pensare positivo ce l’ha. Si tratta, appunto, dell’ andamento dell’export che per fine anno dovrebbe potere centrare un obiettivo record mai registrato in precedenza. Per certo, il valore accumulato nei primi sei mesi dalle vendite all’estero di pasta, conserve vegetali, carni, dolci, formaggi e quant’altro faccia parte dell’ offetta made in Italy ha sfiorato i 9,4 miliardi, con un più 14% rispetto al primo semestre del 2007. Nei tre mesi successivi tale flusso non è venuto meno, sicché a tutto settembre il delta sul periodo precedente risulta pari al 12%. Ora, per quanto gli indicatori rivelino un peggioramento della congiuntura mondiale, e quindi anche italiana, la situazione generale dell’export del food & beverage tricolore mostra ampi margini che lasciano ben sperare su un saldo definitivo in terreno positivo.
Meglio. Più che positivo, per i diretti protagonisti del business. Ne è convinto il presidente di Federalimentare Giandomenico Auricchio. Secondo il quale “le difficoltà economiche non colpiscono solo il nostro Paese, ma anche altri Paesi e tra questi alcuni principali acquirenti internazionali dell’alimentare made in Italy. Tuttavia all’estero i nostri prodotti, al vertice per sicurezza e qualità, continuano a riscuotere notevole successo. Al punto che l’export di quest’anno viene stimato su valori molto alti, prossimo a 20 miliardi di euro e in crescita del 7-8% sull’anno prima”. Venti miliardi: una cifra mai raggiunta in passato. Un record che, per gli esperti di Confagricoltura, “dovrebbe permettere un’ulteriore riduzione del deficit della bilancia commerciale agroalimentare, dopo il taglio di 500 milioni fatto segnare l’antico passato”.
Una casistica di buon augurio che la Confederazione degli imprenditori agricoli guidati da Federico Vecchioni coglie al balzo per osservare che “l’agroalimentare italiano ha tutti i numeri per continuare a crescere sui mercati esteri. Ma per farlo necessita di maggiore competitività, che le nostre imprese possono conseguire più celermente ampliando la propria dimensione. Che oggi è ancora troppo piccola per reggere con soddisfazione la concorrenza internazionale”. Un limite, che il presidente della Coldiretti, Franco Marini, considera non prioritario rispetto ad altre problematiche come la qualità e la tipicità. “La trasparenza dell’etichetta e l’origine dei prodotti”, spiega Marini, “sono il primo requisito utile per difendere e divulgare nel mondo il made in Italy”. In questo senso egli considera “necessario” che si arrivi a “un coordinamento tra gli organismi impegnati nell’attività di promozione, affinché vengano evitati sprechi di risorse e sovrapposizioni di competenze, vere cause di inefficienze che danneggiano sia l’immagine che il business dell’export agroalimentare italiano”. Immagine e business di un parterre di prodotti tipici che nessun altro Paese come l’Italia è in grado di avere. Prodotti che i consumatori di tutto il mondo sanno apprezzare proprio per l’intrinseca originalità e qualità che essi esprimono. Secondo quanto risulta dall’Atlante dedicato ai prodotti Dop, Igp e Stg italiani realizzato e presentato di recente dalla Fondazione Qualivita, l’Italia conta il maggior numero di prodotti con denominazione protette (175), seguita dalla Francia con 160 e la Spagna con 125. Il valore di questi beni del made in Italy sviluppano un fatturato alla produzione di miliardi, che salgono a in miliardi sul mercato al consumo. Tra tutti, il prodotto che sviluppa il maggior giro d’affari è il grana padano, seguito da un altro formaggio a pasta dura (il parmigiano reggiano) e dal prosciutto crudo di Parma. Immagine e business che si difendono con la trasparenza dell’etichetta, Interessante a questo riguardo è la decisione adottata dal Consorzio di tutela del provolone Valpadana di adottare una nuova tecnologia che permette di identificare con certezza la consistenza molecolare del prodotto, e dunque l’originalità del provolone Valpadana. Che a questo punto diventa a prova di falsi.
E’ però vero che per vincere le sfide delle contraffazione non basta solo difendersi. E necessario attuare politiche di attacco, investendo anche in promozione. Per cui se da un lato il presidente Auricchio osserva che “la promozione è un fattore di sostegno strategico per l’export alimentare, che diventa di vitale importanza in una fase di mercato interno in erosione come quello attuale”, dall’altro, il numero uno della Cia Giuseppe Politi si chiede: “Promuovere va bene, ma come?”. Dove la domanda si spiega con il fatto che “ormai si assiste creduli a una miriade di iniziative che finiscono per disperdersi in mille rivoli e soggetti”. “Al contrario - continua Politi - abbiamo bisogno di una seria politica di sostegno delle nostre produzioni sul mercati interni ed internazionali. Soprattutto è necessario definire un nuovo progetto unico e condiviso su cui fare convergere tutte le parti interessate, dai ministeri alle istituzioni, dagli enti locali alle organizzazioni professionali. Solo mettendo insieme le risorse disponibili e gli obiettivi potremmo sperare di fare una sana politica di promozione dell’ alimentare made inItaly”.
Sul tasto della promozione per crescere all’estero insiste il presidente di Unaprol, Massimo Gargano, che osserva come oggi si assiste a una domanda di olio d’oliva extravergine “in forte crescita in tutto il mondo, anche perché ci troviamo di fronte a un consumatore evoluto ed esigente. Per conquistare il quale è, sì, importante vendergli un prodotto di qualità e origine certificata, ma è necessario anche che vengano create le condizioni per fare conoscere queste qualità dei nostri oli Per farlo non c’è che la comunicazione e la promozione”. In tutti i casi il problema che più di tutti oggi minaccia seriamente il futuro del made in Italy sono le contraffazioni. Il tema non è di oggi ed è stato denunciato da più parti. Purtroppo con pochi risultati pratici. Anzi, la questione sembra aggravarsi di giorno in giorno, minacciando tutto il made in Italy. È acclarato che tutti i prodotti sono oggetto di falsi realizzati in molti Paesi. Una concorrenza sleale che mette in cattiva luce l’immagine stessa dell’ Italia. Per non dire del contraccolpo in termini di business che colpisce le aziende italiane, impedendo di essere ancora di più protagonisti sui mercati internazionali. Si stima che mettendo fine al falsi, l’export italiano di prodotti agroalimentari potrebbe quadruplicare di valore. Come dire che i 20 miliardi incassati oggi dall’export di vini, formaggi grana e parmigiano reggiano, salumi e prosciutti potrebbero salire a 80 miliardi. Una cifra sufficiente a dimezzare la spesa energetica e fare della Penisola un Paese virtuoso e con maggiore voce in capitolo tra i grandi protagonisti dell’ economia mondiale.

Le proposte ...
1 Qualità. Per difendere il made in Italy si deve aumentare la trasparenza dell’etichetta e dell’origine, per certificare l’autenticità del prodotto.

2 Promozione. Serve un maggiore coordinarnento tra tutti gli enti: le iniziative di marketing scoordinate finiscono per disperdere i loro benefici.
3 Intervento pubblico. Molti chiedono una politica di sostegno alla produzione sui mercati interni e internazionali, mettendo insieme le poche risorse disponibili.

Carta d’identità...

Nome: Alimentare.
Fatturato: 113 miliardi di euro.
Export: 19,2 miliardi.
Import: 14,9.
Saldo: 2,9 miliardi.
Consumi complessivi: 203 miliardi.
Numero di imprese con oltre 3 addetti: 32.300.
Numero imprese con oltre 9 addetti: 6.450. Numero addetti: 390.000.
Addetti dipendenti: 256.000.

La cantina Pio Cesare di Alba. Il suo barolo 2004 è sesto nel mondo nella classifica di Wine Spectator. Il vino è il prodotto alimentare italiano più esportato

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