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Italia Oggi

In vigna l’Italia perde lo scettro … Pesano eventi meteo e malattie. Bene il Nord, crolla il Sud… Il vigneto Italia cede lo scettro alla Francia che diventa, di nuovo, primo produttore vitivinicolo mondiale. Colpita da peronospora, oidio e flavescenza dorata, nonché da eventi meteo frequenti ed estremi (con un aumento delle giornate di pioggia del 70% sui primi 8 mesi dell’anno), la vendemmia crolla del 12%, con picchi del 40%. E si attesta intorno ai 43,9 mln di ettolitri (111), contro i 50 del 2022. Una contrazione produttiva che, però, preoccupa relativamente, perché il calo delle rese è controbilanciato dal livello delle giacenze che ha superato i 49 mln (45,5 di vino e 3,6 di mosti): dato più elevato degli ultimi sei anni. E’ quanto emerge dalle previsioni sulla vendemmia dell’Osservatorio Assoenologi, Ismea, Unione italiana vini (Uiv), presentate ieri al Masaf. I dati lasciano, quindi, prevedere una vendemmia 2023 leggera, con quantità garantita dalle scorte. Non è in discussione neppure la qualità delle uve, che resta alta anche se bisognerà attendere la fine della raccolta. I dati 2023 confermano la produzione maggioritaria al Nord con 27.5 mln di hl, seguita da Sud (12,9 mln) e Centro (3,5). E proprio le regioni meridionali e centrali soffrono di più quest’anno, con perdite del 28,8 e 21,1%, mentre il Nord cresce leggermente (0,8%). Nel dettaglio il Veneto traina il Nordest, Valle d’Aosta e Lombardia aumentano la produzione rispettivamente del 10 e del 15%, mentre i cali più consistenti sono in Molise (-45%), Abruzzo (-40%), Calabria (-33%) e Campania (-30%). In tutte le regioni le produzioni bio sono le più penalizzate, mentre hanno resistito bene le aziende che si sono affidate alla tecnica e alla scienza viticola. A livello mondiale, nonostante un leggero calo del 2%, la Francia chiuderà la vendemmia a 45 mln di hl; la Spagna, con 35 mln e una perdita del 12%, sí posiziona dietro l'Italia, ma cali importanti interessano anche l’Argentina (-21%), la Nuova Zelanda (-22%) e l’Australia (-13%). Dati e motivazioni del calo produttivo italiano sono confermati dall’Accademia Italiana della Vite e del Vino secondo cui: , “Si può parlare di una riduzione del quantitativo globale con differenze anche tra territori della stessa regione, in alcuni dei quali i cali di produzione sono significativi e riconducibili soprattutto alla peronospora. A seconda della gestione di vigneti le aziende avranno rese differenziate. Tuttavia, si stimano danni che vanno da un minimo del 10-20% fino al 70-80%”. Livio Proietti, commissario straordinario di /smea non è preoccupato per la contrazione dei volumi : “Ma per il rallentamento della domanda interna ed estera, che sta deprimendo i listini, specie quelli dei vini da tavola e degli Igt”. Per il presidente di Assoenologi. Riccardo Cotarella: “La qualità delle uve sarà buona, ma occorre mettere in campo, in vigna e in cantina, tutte le conoscenze tecniche e scientifiche per mitigare i danni di un clima sempre più pazzo”. Ha part—lato di razionalizzazione delle denominazioni e di ammodernare il vigneto Italia il presidente di Unione italiana vini, Lamberto Frescobaldi secondo cui: “Non serve più a nessuno rimanere detentori di uno scettro produttivo: oggi più che mai si impongono scelte politiche di medio e lungo periodo, a favore della qualità e una riforma strutturale del settore”. Per Massimo Romani, ad Argea: “L’aggregazione tra imprese dà al sistema capacità di tenuta”.

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