Argea sfida la crisi: investe, ma dosa i passi… “Un 2023 difficile per il vino anche se manca ancora un mese e mezzo al termine. Non credo che Natale andrà peggio del precedente e potremo quindi chiudere un anno non male dove Argea ha fatto un po’ meglio della media del mercato. Sul 2024 non mi sento di fare previsioni a causa delle troppe incognite. Spero soltanto che gli importatori completino il destocaggio e l’anno nuovo sia libero da variabili improprie”: così Massimo Romani, ceo di Argea, azienda privata leader del vino per fatturato nel 2022 con 455 milioni di euro di ricavi e un Ebitda di 67,2 mln. Argea produce oltre 160 mln di bottiglie ed esporta il 90% in 100 mercati. La società è controllata per il 55,7% da Clessidra private equity tramite la holding Bacco e da 7 azionisti, tra cui i titolari di aziende acquisite come Annalisa e Alessandro Botter (entrambi con una quota dell’11,3%), Marcello Zaccagnini (1,8% ), Alfeo e Marco Martini (rispettivamente 1,5%, e 0,6%). Lo scorso marzo Argea ha efficientato ed esteso il debito bancario a medio-lungo termine, già esistente a livello di controllate, attraverso la stipula di un nuovo finanziamento con banche e con il coinvolgimento diretto della holding milanese. Con il finanziamento il 100% dei titoli di Argea sono in pegno, a garanzia del prestito stesso, a 18 operatori istituzionali: soprattutto banche, ma anche Sicav e gestori del risparmio. Fra i quali Bpm, Intesa Sanpaolo, Deutsche Bank, Crédit Agricole, Unicredit, Mps capital service, Bnp. “In questi casi”, osserva Romani, “il pegno dei titoli mi sembra la prassi e comunque i debiti si misurano in base alla capacità di cassa. Argea agisce da holding, ha in capo il debito del gruppo e quest’anno abbiamo continuato a generare cassa”. Il top manager glissa sull’estensione del finanziamento dello scorso marzo, ma dovrebbe trattarsi di una settantina di milioni per rilevare Zaccagnini, compreso il debito, e forse un po’ di liquidità. Nel 2022 il debito netto di Argea era sotto controllo: 142 mln, poco più di due volte l’Ebitda. Sul fronte commerciale, “Argea ricalca sostanzialmente i trend segnalati da Wine monitor Nomisma”, sottolinea Romani. “Chi è nelle geografie giuste ha sofferto meno. Argea è nella media ma abbiamo reagito meglio”. E Wine monitor Nomisma, nei primi otto mesi dell’anno, ha rilevato nei mercati internazionali top 12 (pesano per oltre il 60% sulle importazioni mondiali di vino) un calo degli acquisti di vino, a volume, intorno all’8%; gli Stati Uniti, nostro primo mercato di sbocco a valore, hanno tagliato l’import dall’Italia del 13%. “Gli Usa hanno sofferto molto”, conferma Romani, “ma noi esportiamo in molti Paesi. E l’Italia è il quinto mercato”. Nonostante l’anno difficile, Argea è andata avanti: sono progrediti i processi di efficientamento della struttura aziendale, sfruttate le opportunità di cross selling e di crescita dell’on trade. “Un po’ più lenti dei desiderata, ma abbiamo realizzato progressi in tutti i principali obiettivi”, osserva il ceo, E i programmi di sviluppo nelle altre geografie italiane? “Ovviamente oggi la struttura finanziaria è più costosa e costosa e ci penalizza” risponde Romani. “I tassi ci rendono più riflessivi sulle strade da percorrere ma si va avanti”.
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