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Italia Oggi

Argea va al vinomercato. Target in Toscana e Veneto. Ma i tassi pesano … Ci piacerebbe avere in portafoglio regioni come la Toscana, con acquisizioni di aziende nel solco dell’abruzzese Zaccagnini, ma anche presenze in microaree: per esempio, la Valpolicella è la top of mind. Il nostro è un modello flessibile, ma preferiamo che la famiglia fondatrice resti e percorra un pezzo di strada con noi: è lunga la lista dei desideri dell’amministratore delegato di Argea, Massimo Romani, ma lui è il primo a riconoscere che è cambiato il clima. “L’impennata dei tassi rende più difficili gli investimenti e gli acquisti”, sottolinea il top manager. “Siamo un grande investitore ma obiettivamente ora i processi decisionali sono rallentati. La nostra posizione finanziaria netta è sotto controllo (142 mln ndr) e dobbiamo capire a che livello si stabilizzeranno i tassi”. Argea è la società nata dalla fusione di Botter e Mondodelvino e lo scorso marzo ha siglato il closing nell’acquisizione di Zaccagnini (secondo alcune stime, pagata una sessantina di milioni al netto del debito). La società milanese, controllata dal fondo Clessidra, nel 2022 ha realizzato ricavi per 455 mln di euro (90% export) e un Ebitda di 67,2 mln con un’incidenza sul fatturato del 14,8%. Una marginalità quasi doppia rispetto a Italian wine brands, azienda quotata comparabile di Argea, che l’anno scorso ha visto scendere la marginalità dal 9,9% al 7,6%. Pur con alcune diversità, Italian wine brands condivide, sostanzialmente, con Argea lo stesso modello di business: acquisizione di brand e impianti di cantine di diverse geografie, possibilmente senza vigneti e immobili, partecipazione delle famiglie fondatrici, impulso all'economia di scala, sinergie di marketing e distribuzione in quasi 100 mercati, buona esposizione sulla gdo. Entrambe sono sopra i 400 mln di fatturato, largamente esportatrici: Argea arriva al 90%, Italian wine brands all’83%. La società di Romani commercializza 162 mln di bottiglie, quella di Alessandro Mutinelli ne dichiara 180 mln. Anche il polso del mercato è cambiato nel primo trimestre: nella gdo giù le vendite a volume di vino del 6,2% e -0,5% delle bollitine. Dati che si sommano al 2022, rispettivamente, -5,4% e -5%. Trend simile nella Gdo dei principali mercati del vino italiano: nel primo trimestre -4% a volume e -1% a valore in Usa, Uk e Germania. “Negli Usa”, sottolinea Romani, “Nielsen mappa solo il 55% del mercato retail e i dati vanno presi con le pinze. E’ vero però che gli aumenti dei listini hanno generato rallentamenti dei consumi nel primo trimestre, in particolare su alcuni varietali, con un discreto fenomeno di downtrading: il consumatore cerca vini meno cari. Nell’off-premise invece è andata meglio, anche perché aveva una controcifra post pandemica. In generale, credo che anche il 2° trimestre avrà il trend del primo, per la seconda parte dell’anno sono più ottimista”. Come affronta la scuderia Argea questo momento? “Siamo ben equilibrati: le aziende hanno storie diverse. Botter è nel retail ma diversificata in tanti mercati. Mondodelvino e Zaccagnini sono sull’Horeca. Il 2023 sarà un annodi razionalizzazione, pur consapevole che alcune funzioni vanno unificate e altre lasciate inalterate: il vino è un tema di territori”. Sul medio periodo, Argea potrebbe quotarsi? “Potenzialmente sì, ma è di competenza dell’azionista”.

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