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Italia Oggi

Enologia, il rilancio passa per i vini italiani autoctoni. A Faenza si sono dati appuntamento i produttori che seguono mode ... I vitigni autoctono cercano spazio sui mercati e dichiarano guerra ai loro cugini cosiddetti internazionali, ossia presenti in differenti parti d’Italia e del mondo.
Qualche anno fa nome del nemico: Chardonnay, Sauvignon, Pinot, Merlot, Cabernet Sauvignon. L’ascia di guerra è stata dissepolta a Faenza, dove i coltivatori di vitigni autoctoni di tutta Italia si sono dati appuntamento per discutere come valorizzare questi loro prodotti, intercettando un pubblico sempre attento e appassionato al vino. «Esaltare il tema dei vitigni autoctoni», spiega l’enologo Stefano Chioccioli, «significa prendere coscienza del percorso che si è compiuto in questi anni in campo vitivinicolo e riconoscere come vincente e strategica un’azione che tende a valorizzare la viticoltura legata a un territorio e a favorirne il rapporto di identità e tipicità». Ecco alcune delle perle enologiche proposte a Faenza, profeti di questa riscossa dei vitigni autoctoni che dovrebbe coinvolgere enoteche e buoni debitori: il Pignacolusse (da uve Pignolo) della cantina Jermann (Friuli-Venezia-Giulia), il Dindarello (da uve Dindarella) della cantina Aldegheri (Veneto), Il Savignone (da uve Centesimino) dei Poderi Morini (Romagna), Il Casaglia (da uve Colorino) dei Marchesi Pancrazi (Toscana), il Lentisco (da uve Monteregio) dell’azienda agricola Serraiola (Toscana), il Collepiano (da uve Sagrantino di Montefalco) della cantina Caprai (Umbria), il Ben Rye’ (da uve Zibibbo) della cantina Donnafugata (Sicilia).

«C’è bisogno di coordinamento e di una promozione che tenga conto della tipicità di questi prodotti», aggiunge Patrizia Signorini, dell’Associazione enoteche italiane Vinarius, «che certamente esaltano la produzione vinicola italiana. Anche il vino è sempre più globalizzato, perciò queste produzioni limitate ottenute da vitigni autoctoni hanno un gran futuro in un mercato che cercherà sempre più la diversificazione qualitativa».

L’evento faentino ha avuto il supporto dell’Associazione Italiana Sommelier mentre la parte organizzativa è stata curata da Pubblicahouse. Titolo dell’incontro-clou della giornata: «Autoctoni, oltre le mode». Ne sintetizza le conclusioni Gianfranco Bolognesi, patron del ristorante La Frasca (Castrocaro) e selezionatore di vini: «negli ultimi tempi abbiamo registrato exploit di vini supportati da campagne pubblicitarie e dalle mode ma non sempre di qualità adeguata. Bisogna invece puntare sulla qualità sia si tratti dei grandi vitigni tradizionali che delle nicchie autoctone: vedo integrazione e non concorrenza tra questi segmenti. Insomma si può bere la marca famosa o andare alla ricerca della cantina artigianale. Entrambe le cose danno soddisfazione al consumatore, se produttore ed enologo hanno una profonda conoscenza del prodotto e amore per il vino».

In ogni caso i produttori di vino ottenuto da vitigni autoctoni si propongono ad un mercato che va al di là di quello di casa e hanno incominciato a discutere su come allearsi per riuscirci meglio.

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