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Italia Oggi

Ocm vino, salvare qualità e lavoro ... Nella recente riforma europea dello zucchero, l’Italia ha scelto di fare hara-kiri, tagliandosi il 50% della produzione, chiudendo 13 zuccherifici su 19 e lasciando per strada migliaia di lavoratori e di coltivatori. Un’autentica Caporetto per il nostro paese, una manna per Francia e Germania che hanno incrementato le loro produzioni. E non c’è nemmeno il tempo per leccarsi le ferite perché un’altra guerra tra poveri è alle porte: tra poche settimane la Commissione Ue formalizzerà la sua proposta di riforma dell’Ocm vino, un settore che insieme all’ortofrutta (oggetto di altra riforma) vale il 40% del pil agricolo e il 60% dell’occupazione italiana. La Commissione propone di spendere 2,4 miliardi di euro per estirpare 400 mila ettari in cinque anni, con un premio di 6-7 mila euro/ha.
Per l’Italia questo significherebbe, secondo Nomisma, 150 mila ettari estirpati (quasi la metà del totale europeo, a fronte di oltre 1 miliardo di euro di aiuti), con una perdita di 15 milioni di giornate di lavoro, l’equivalente di 70 mila addetti a tempo pieno ma in realtà molti di più data la stagionalità della produzione. Si tratta di una proposta sbagliata, tutta impostata sulla difensiva, che abbassa le armi nei confronti dei competitori extra Ue e cede ai dettami della Wto. La Commissione non prende in considerazione la possibilità di una gestione oculata de quantitativi prodotti e decide, di fatto, di aprire la strada alla delocalizzazione dei vigneti e le frontiere ai mosti extra Ue (al porto di Rotterdam navi-cisterna offrono vini da taglio australiani o cileni a 20 centesimi di euro). Nessun chiaro impegno è previsto per valorizzare il prodotto, promuovere l’export, potenziare le imprese; ignorate anche le conseguenze economiche, sociali e ambientali dell’abbandono della cultura e della produzione. Siamo di fronte a una riforma che , solo a parole, intende migliorare la competitività del settore ma, di fatto, condanna al declino una coltura secolare in molte aree “vocate”, con perdita di occupazione, abbandono del territorio, impoverimento generale.
La Commissione avanza proposte schizofreniche che, da un lato, ridurranno la produzione interna e, dall’altro, consentiranno pratiche enologiche che diminuiscono la qualità e puntano alla omologazione. Di fronte a questa riforma, il sindacato deve far sentire forte la sua voce per denunciare le incongruenze e modificare le scelte. Il sindacato italiano, in particolare, deve costruire subito una proposta comune che abbia un duplice ambizioso obiettivo: essere una piattaforma nel confronto con le istituzioni e il sistema delle imprese italiane: contribuire a definire le scelte del sindacato europeo. L’obiettivo è convincere la Commissione Ue a passare da una scelta di difesa di un settore, che la Commissione vorrebbe fortemente ridimensionato, a soluzioni che consentano di valorizzare il patrimonio vitivinicolo italiano ed europeo per il significato economico, ambientale e occupazionale e per le valenze storico, culturali e paesaggistiche in esso racchiuse. Su questa partita il sindacato non deve mollare la presa e deve fare alleanze in Europa. La Uila parteciperà, insieme a Fai e Flai, a Parigi il prossimo 1° febbraio a un incontro promosso dall’Effat, assieme ai sindacati di Francia, Spagna e Portogallo. L’obiettivo è stabilire una piattaforma comune da proporre alle istituzioni europee e ai governi nazionali; una piattaforma basata sulle richieste dei lavoratori che non vogliono perdere occupazione e reddito non si sa bene per quale motivo e in ossequio a quale principio etico.
Il sindacato europeo deve, inoltre, denunciare la generale scarsa considerazione delle istituzioni comunitarie per gli aspetti sociali e occupazionali delle sue riforme che ignorano il fattore lavoro e non prevedono alcuna forma di ammortizzatore sociale che lo tuteli. E’ recente e poca nota una sentenza della Corte europea di giustizia che ha annullato, su ricorso della Spagna, la riforma Ocm del cotone proprio perché il consiglio Ue non ha considerato il costo del lavoro nel calcolare la redditività per ettaro di quella coltura. Il tempo stringe e questa battaglia non può essere persa, a costo di portare a Bruxelles le centinaia di migliaia di lavoratori e di agricoltura che vivono e lavorano nel settore vitivinicolo.
(arretrato di Italia Oggi del 16 dicembre 2006) 

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