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Italia Oggi

Ora Cavit guarda a est, per crescere ... La strategia del presidente Adriano Orsi: prodotti da legare al territorio d’origine, anche all’estero. La cooperativa vitivinicola trentina punta ad aumentare l’export... Aumentare fatturato ed export, migliorare il livello dei servizi alle cooperative socie e diventare la cooperativa vitivinicola di riferimento del Nordest. Sono questi i quattro punti cardine della strategia di Cavit, secondo quanto riferito a ItaliaOggi da Adriano Orsi, l’ingegnere 55enne da due mesi presidente della cooperativa che riunisce 11 cantine sociali trentine e che ha chiuso l’esercizio giugno 2005-maggio 2006 con 172,1 milioni di euro di fatturato. «Cavit», esordisce Orsi, «sta andando bene ed è mio impegno farla andare ancora meglio . Per realizzare questo obiettivo il neopresidente della cooperativa di Ravina di Trento ritiene però fondamentale fare aggregazione, creare sinergie con il territorio circostante.
«Per un’azienda che esporta in Nordamerica il 60% circa della propria produzione», spiega Orsi, «è importante trasferire un’idea di territorio legato al prodotto che coincida con le Tre Venezie, con il Nordest in generale. Il Trentino è un ambito territoriale abbastanza noto al consumatore tedesco, ma quando andiamo Oltreoceano abbiamo bisogno di un marchio territoriale più ampio. La conoscenza che il consumatore a stelle e strisce ha del nostro comprensorio è legato alle Dolomiti e a Venezia. Ed è questo l’ambito in cui noi dobbiamo insistere per sfondare negli Stati Uniti e in Canada». Le trattative fra Cavit e realtà vitivinicole d’eccellenza del Triveneto sono in uno stadio iniziale. Di più, al momento, Orsi non si lascia sfuggire sull’argomento. Soprattutto preferisce evitare di far nomi.
Parla volentieri, invece, degli ottimi risultati messi a segno da Cavit sui mercati internazionali. Oltre che sugli Stati Uniti, che da soli assorbono oltre il 70% delle esportazioni della cooperativa, pari all’80% della produzione complessiva, Cavit punta molto sul Canada, dove già è ben distribuito in Ontario. E in Europa, sui mercati tedesco e britannico, i due più importanti, ma anche sul Benelux e sulla Scandinavia, mercato demograficamente più contenuto, dove già l’anno scorso ha messo a segno incrementi di vendite nell’ordine del 67%. «Teniamo sotto stretta osservazione anche i paesi dell’Est europeo», dice Orsi, «dove potrebbero aprirsi possibilità di consumo molto interessanti. E non trascuriamo i mercati russo e cinese, sui quali siamo per ora presenti in modo indiretto, tramite catene distributive come Carrefour e Metro. L’inserimento di marchi occidentali in paesi ancora non regolamentati come Russia e Cina, è d’altronde rischioso. Mancano tutele legali per operare con assoluta tranquillità». L’affermazione sui mercati esteri procede comunque di pari passo con una più efficiente ed efficace organizzazione di Cavit sul fronte interno.
«Dobbiamo diventare il riferimento dei servizi informatici, di logistica, d’acquisto e di commercializzazione delle nostre cantine», spiega Orsi. «Non per niente abbiamo in corso investimenti per 33 milioni di euro. Il nostro progetto di cantina automatizzata è all’avanguardia in Europa se non addirittura nel mondo. Abbiamo messo a punto un sistema di riempimento, miscelamento e svuotamento dei fusti e imbottigliamento completamente automatizzato e governato da un computer, che utilizza un software creato e brevettato per Cavit, e controllato da un solo addetto. Stiamo poi allestendo un magazzino destinato a ospitare 20 milioni di bottiglie». Il controllo delle spese correnti, soprattutto di quelle del personale, è uno degli obiettivi ai quali Orsi tiene in modo particolare. Neppure un gruppo che punta molto sulla qualità può infatti perdere di vista la questione prezzi. «Non ci attendiamo problemi sul mercato Usa, considerato che il rapporto di cambio euro/dollaro pare stabilizzato sull’1,30», dice Orsi. «Certo è che il peso di una legislazione complessa e a volte poco chiara e di una burocrazia macchinosa si fanno sentire sui costi dei nostri vini. Costi notevoli che altri mercati non devono sostenere. Penso al Sudafrica, al Cile o all’Argentina. Giustamente il sistema alimentare va controllato. Il fatto è, però, che ormai le procedure da rispettare sono di una complessità tale che non si ha più la sicurezza di aver ottemperato in modo corretto a tutti gli adempimenti. E in un mondo semplice, di lavoratori come quello agricolo, far accettare questa complessità non sempre è cosa facile”.

Cavit in cifre...
Cooperative socie - 11
Base sociale - 4.500 viticoltori
Ettari di coltivazione - oltre 5.700
Produzione annua - 75 milioni di bottiglie in diversi formati
Ripartizione della produzione - vini Doc 55%, Igt 40%, da tavola 5%
Export - 80% della produzione
Fatturato giugno 2005/maggio 2006 - 172,1 milioni di euro (+6,5% sull’esercizio precedente)
Margine operativo lordo - 10,4 milioni di euro contro 5,7 milioni dell’esercizio 2004/2005
Utile netto - 6,4 milioni di euro, contro 1,8 milioni dell’esercizio 2004/2005
Investimenti in atto - 33 milioni di euro

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