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Italia Oggi

E’ scacco in tre mosse alla qualità ... Un corto circuito normativo rischia di mettere in crisi la tracciabilità dei prodotti agroalimentari. Europa «leggera» su biologico e origine. E il made in Italy trema ... Un corto circuito normativo mette a serio rischio la qualità dell’agroalimentare made in Italy. E colpisce duramente la credibilità dei processi di tracciabilità e rintracciabilità delle produzioni, pilastro irrinunciabile per garantire al consumatore un immediato riconoscimento dell’origine degli alimenti.
Nel giro di pochi giorni una sentenza della Cassazione e due provvedimenti, ancora in via di approvazione, hanno cinto d’assedio il tessuto agroalimentare del Belpaese e le sue strategie di valorizzazione della qualità, come carta da giocare contro l’agguerrita concorrenza internazionale. Vediamo di che si tratta.
Il primo colpo alla qualità arriva con la norma inserita all’articolo 7 nel disegno di legge comunitaria 2007, che abolisce l’obbligo generalizzato di etichettatura d’origine dei prodotti alimentari e il vincolo di indicare l’origine dell’olio d’oliva e delle olive utilizzate nella sua produzione (si veda ItaliaOggi del 3/2/2007). Il disegno di legge dovrebbe tornare sul tavolo del governo già nel corso del prossimo consiglio dei ministri. Per ora, la norma ha sollevato le proteste di alcune associazioni di categoria e le perplessità della conferenza delle regioni. Il problema è che il ddl comunitario, disponendo l’abrogazione degli articoli 1-bis (indicazione obbligatoria dell’origine dei prodotti alimentari) e 1-ter (etichettatura d’origine degli oli d’oliva) della legge n. 204/2004, non fa altro che ottemperare a quanto richiesto all’Italia da Bruxelles. Sulle due norme, infatti, è aperta una procedura d’infrazione. L’Italia dovrà ora decidere se, in nome della qualità e delle strategie di vendita del made in Italy, valga la pena andare a far valere le proprie ragioni dinanzi la Corte di giustizia europea.
Il secondo colpo alla qualità è giunto con la decisione assunta dalla commissione agricoltura dell’Europarlamento di accettare una proposta della Commissione Ue, che fissa una soglia di contaminazione da ogm nel biologico pari allo 0,9%, parificandola a quanto previsto per l’agricoltura tradizionale (si veda ItaliaOggi del 28 febbraio). Va detto che la proposta è passata anche con i voti degli eurodeputati verdi del Nord Europa, mentre i verdi italiani hanno votato contro. E questo la dice lunga sull’influenza che le lobby agroalimentari e della gdo del Nord Europa esercitano sui lavori di Strasburgo. Ma anche qui a pagare dazio potrebbe essere l’Italia, grande player nella produzione di prodotti bio sul mercato del Vecchio continente. Una simile soglia di tolleranza sulle contaminazioni da transgenico nel biologico rischia di screditare le imprese e i prodotti bio dinanzi al consumer.
Infine, il terzo colpo la sentenza n. 8684 della terza sezione penale della Corte di cassazione che ha giudicato corretto l’utilizzo della denominazione “Italian design” per prodotti interamente fabbricati all’estero (si veda ItaliaOggi di ieri); una pronuncia questa che, sebbene non riguardi direttamente l’agricoltura, apre la strada a libere interpretazioni estensive sul concetto di origine dei prodotti. Anche sul fronte agroalimentare. A conti fatti, la partita per chi punta sulla qualità è ancora tutta da giocare. Ma, il campo da gioco non si trova solo a Bruxelles...
(arretrato di Italia Oggi del 3 marzo 2007) 

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