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Italia Oggi

I cloni per ora non passano ... Al momento infondati i timori di un’invasione di riproduzioni extra-europee. Un anno fa l’apertura, molto contestata, della Ue... Puntare sulla qualità per difendere i vini italiani dalla minaccia dei cloni stranieri. I produttori della Penisola lanciano la controffensiva alla decisione dell’Unione europea che un anno fa ha aperto di fatto ai paesi extra Ue la possibilità di appropriarsi delle menzioni tradizionali protette dei vini europei. E per farlo scommettono sulla qualità, l’unica via per proteggere le nostre etichette doc e igt.
In effetti, finora i timori di chi pensava che prima o poi sarebbero comparsi fuori dai confini europei doni dei vini italici più prestigiosi e famosi nel mondo (Amarone, Brunello, Franciacorta) si sono rivelati in parte infondati. “Per ora non ci sono stati problemi”, osserva Adolfo Parentini, presidente del consorzio Monteregio di Massa Marittima, in Maremma, “e il timore di molti produttori si è rivelato in parte un fuoco di paglia. Ma è ancora presto per cantare vittoria, dobbiamo continuare a lavorare puntando sulla qualità del nostro prodotto. Solo così potremo vincere la battaglia contro i cloni”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Mario Falcetti, direttore di Contadi Castaldi, azienda vitivinicola insediata all’interno dell’antica Fornace Biasca di Adro, in provincia di Brescia, che alla possibilità di proteggere le etichette italiane più prestigiose attraverso la registrazione come marchi internazionali (molto onerosa, soprattutto per i piccoli produttori) preferisce appunto la via della qualità: “Ricondurre le denominazioni d’origine italiane più famose nel mondo nell’ambito del concetto di proprietà intellettuale, in modo da proteggerle da usurpazioni, è possibile, ma non risolverebbe a monte il problema. L’unica via per prevalere su eventuali tentativi di imitazione da parte dei produttori stranieri è puntare su una produzione di qualità”, dice Falcetti. “Se si produce un Amarone con la A maiuscola”, spiega con un esempio, “non ci potrà essere nessuno all’estero in grado di imitarlo, ma se gli standard qualitativi propri di un Amarone con la A maiuscola si diluiscono man mano, trasformando il vino da un prodotto tutelabile come proprietà intellettuale a una tipologia sfruttata commercialmente, il discorso cambia e allora sì che il vino italiano risulta vulnerabile”.
Secondo il direttore di Contadi Castaldi, “sta a noi produttori essere seri; se riusciremo a mantenere standard qualitativi elevati per i nostri vini, nessuno all’estero riuscirà mai a imitarli”, conclude. E auspica che una mano ai produttori italiani nella battaglia contro i doni possa arrivare anche dal governo. “E il ministero delle politiche agricole che deve proteggere i grandi marchi della tradizione enogastronomica italiana, perché i singoli produttori da soli possono poco. Chi all’estero imita i nostri vini o i nostri prodotti alimentari deve sapere che prima o poi dovrà fare i conti con il governo italiano. Solo in questo modo si può portare avanti una politica seria di dissuasione contro le imitazioni”.
Per Fausto Campostrini, agronomo delle cantine Isera (Trento), i produttori dovrebbero fare più gioco di squadra perché “la battaglia contro le imitazioni si vince solo uniti. Alcuni territori, quelli che producono le denominazioni d’origine più prestigiose, si stanno già attrezzando per una tutela sovranazionale. Personalmente la strategia della registrazione come marchio internazionale non mi dispiace, è importante però decidere in fretta. Esistono poi i consorzi regionali, purtroppo non in tutte le regioni, che sono grandi punti di forza dei produttori. Tramite i consorzi si persegue La tutela dei viticoltori”.
Secondo Campostrini sarebbe auspicabile la creazione di un ente comune che diventasse un punto di incontro fra tutti i produttori. È necessario un dialogo comune da instaurare appunto tramite un consorzio italiano super partes che riesca anche a dialogare con le istituzioni. Resto comunque convinto che se continueremo a puntare sulla qualità troveremo sempre clienti disposti a bere italiano. E bere italiano significa bere bene, ma soprattutto a un prezzo equo”.

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