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Italia Oggi

Quotidiano Nazionale a bocca asciutta: ci hanno scippato 500 bottiglie ... Il direttore del Quotidiano Nazionale, Giancarlo Mazzuca, non ci sta. Alla prima edizione del premio Ferrari, organizzato lo scorso giovedì a Milano dall’omonima maison di spumanti, ingiuria del riconoscimento per il miglior titolo e la miglior copertina dell’anno ha teorizzato le regole d’oro della professione giornalistica. Il titolo dev’essere, per esempio, semplice, diretto. Calembour di parole permessi, ma non fini a se stessi. QN era in gara con “Vade retro satira”, ma non ha vinto. Il numero uno del QN non l’ha presa bene. Ecco che cosa ha scritto (o, sabato scorso, nell’editoriale “Il titolo è bello ma non è radical-chic. Ci hanno rubato il brut”. L’altra sera mi sono sentito come Berlusconi quando denunciò i brogli elettorali. L’episodio è molto banale, so bene che non stiamo parlando del premio Nobel, ma lo racconto ugualmente perché è significativo e dimostra una volta di più come nel nostro paese c’è sempre una parte che tende a prevaricare e, quando ha il 50% dei consensi, vuole (e talvolta ottiene anche l’altra metà delle preferenze. E attesta anche come vengono gestiti certi premi letterari e giornalistici: un pasticcio all’italiana dove tutto diventa un caso politico e quindi finisce a schifo. A Milano va dunque in onda la prima edizione del premio Ferrari spumante, un premio che deve ancora decollare, ma che ha un pregio: per una tanto non è riconosciuto il merito del grande inviato o della solita primadonna, ma quello di un’intera redazione, dai graduati con galloni ai più giovani dei giornalisti praticanti. Viene infatti designato il miglior titolo dell’anno per i quotidiani e la copertina più bella per i periodici. Premio: mille bottiglie di spumante da dividere in redazione, insomma un modo carino per cementare il clima tra i colleghi. Anche il Quotidiano Nazione è in lizza con il titolo di prima pagina “Vade retro satira” (parto della fantasia di un nostro giornalista, Massimo Degli Espositi, che merita un brindisi, sia pur simbolico) che si riferiva una vicenda del novembre scorso, quando padre Georg, il segretario di Benedetto XVI, perse la pazienza e sbottò contro coloro che prendevano in giro il papa. Nulla da fare, alla cerimonia finale apprendo che a vincere è stata la Stampa. Pazienza, me ne faccio una ragione. Ma poi c’è il colpo di scena. Il presidente di giuria dice che anche il Quotidiano Nazione ha vinto perché ci hanno dato l’identico numero di voti del giornale torinese con il particolare però che le mille bottiglie prendono la direzione del Piemonte mentre a noi tocca solo un calcio nel sedere e “bona lè”: no, tu no... E dopo il danno, la beffa: mi invitano sul palco e io mi sento come Fantozzi. Lì, davanti a tutti, sfoggio un sorriso alla De Coubertin, ma in realtà le bollicine mi girano vorticosamente. Mi girano, intendiamoci, non per l’entità o per il prestigio del premio che, abbiamo visto, sono per ora modesti. Ma per il modo: come se tutta la redazione di QN avesse preso una bella sberla in faccia. Dopo aver fatto una lunga dissertazione sul giornalismo, una specie di trattato dei titoli, mi dicono infatti che il premio non poteva essere assegnato ex-aequo (balla, nel regolamento non ci sta scritto), e aggiungono un che lo stesso regolamento, in caso di parità, assegna la vittoria al titolo che, prima della scelta finale, avesse avuto le maggiori segnalazioni da parte di giornalisti (altra balla): la realtà è che, per alcuni giurati radical-chic, noi del QN non siamo troppo radical-chic per aggiudicarci il premio (che peraltro ci spettava, perché, da che mondo è mondo, in caso di parità, il voto del presidente vale doppio e il presidente aveva scelto il nostro titolo), ma neppure dividerlo in due, come era giusto che fosse, con la Stampa. I radical-chic non transigono neanche sulle banalità: per loro solo il quotidiano torinese ha il pedigree giusto per un’ubriacatura collettiva. Come, del resto, l’Espresso che ha vinto (con merito) tra i periodici. Insomma, ci hanno rubato 500 bottiglie, ma non è questo il punto (tra l’altro, vorrei essere del tutto astemio per motivi di peso). Ho invece provato sulla mia pelle in che modo funzionano certe storie di premi giornalistici (e non solo) in Italia. E mi sono tanto arrabbiato: per protesta, ho quindi deciso che, d’ora in poi, non berrò più spumante brut, ma solo champagne. E se non me lo posso permettere, acqua minerale. Senz’ombra d’ironia: vade retro satira.

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