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Italia Oggi

Val d’Orcia punta sull’enoturismo ... Ma è allarme per il cambio climatico... La Val d’Orcia, in provincia di Siena, ha da tempo, tra i suoi must turistici, quelli legati al vino e alla gastronomia; un connubio vincente sempre, ma ancor più in questo lembo di Toscana noto come Crete senesi, fatto di paesaggi mozzafiato, dove campi ondulati si alternano a boschi e a pievi romaniche. Di recente, tuttavia, è stato lanciato l’allarme. Due tra i punti di forza, dei prodotti del territorio, il vino e il tartufo, rischiano di avere un incerto futuro a causa dei mutamenti climatici. L’allarme principale viene dai tartufai della Val d’Orcia, che, insieme alla zona di Alba, a Norcia e alle Marche, è una delle zone regine per questo profumato prodotto.
Studi meteorologici e climatici degli ultimi anni, condotti dall’agenzia regionale Arsia e dalle università di Siena e di Firenze, hanno dimostrato che i cambiamenti climatici hanno portato alla riduzione degli aerali produttivi, a causa del diradamento delle piante, che meglio aiutano la nascita dei tartufi. Le precipitazioni, poi, scarseggiano, ma, quando avvengono, hanno andamenti violenti, che portano danni alla vegetazione e non penetrano in profondità. Situazione meno problematica per i vigneti, ma i produttori si interrogano sulla necessità di rivedere le politiche regionali sull’assetto idrogeologico e, in ultima istanza, sul rimodellamento dei vigneti.
Se ne è discusso nei giorni scorsi a San Giovanni d’Asso, nell’ambito della terza edizione di Divin Orcia, manifestazione organizzata dal Consorzio di tutela dell’Orcia doc, che raggruppa 13 comuni (sette nella loro totalità e sei solo in modo parziale), tra cui Siena, Montalcino, San Quirico d’Orcia. Da tempo, anche qui, si assiste a una crescita dei flussi turistici, supportati dai numerosi agriturismi sparsi sul territorio, quasi sempre estensione di aziende vitivinicole. Sono flussi non solo italiani, ma anche esteri. Molto però resta da fare dal punto di vista dell’accoglienza: da una più puntuale segnaletica dei luoghi, a una più affinata accoglienza (conoscenza delle lingue, delle abitudini degli ospiti stranieri, condivisione diffusa di una cultura turistica anche tra i non addetti ai lavori, formazione tra gli operatori, maggiore comunicazione verso l’esterno, per citarne alcuni). Cambiamenti climatici o no, insomma, l’Orcia ha molto da dare al turismo, ma l’impegno da profondere nel miglioramento dell’accoglienza è un imperativo ineludibile per crescere.

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