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Italia Oggi

Guida alla vigna da tripla A ... Studiare la composizione chimica di un terreno per non sbagliare investimento... Senza trascurare esposizione e qualità dell’acqua... Fendere con fosse le balze più alte ed esporre al vento le zolle rovesciate prima di procedere agli innesti della vite. E poi ancora, sui colli aperti dare più spazio ai filari ben allineati, affinché i rami si espandano liberi nel cielo e il sole li irradi. L’enologo che fornisce questi suggerimenti, ancora validi a oltre 2000 anni di distanza, è in realtà il poeta Virgilio.

Sole e acqua restano anche oggi elementi imprescindibili per produrre un vino di qualità, benché la chimica abbia fornito un importante supporto per studiare a fondo la composizione dei terreni più adatti a essere vitati e migliorare la qualità della vendemmia. Ci sono però alcune fasi preparatorie da osservare con scrupolo, onerose ma imprescindibili per ottenere uve di qualità. Alcune vanno effettuate prima dell’acquisto, per saggiare la qualità del terreno. “Tra le più importanti c’è la tessitura”, mette in guardia Carlo De Biasi, responsabile agronomico del gruppo Zonin. Si tratta di un’operazione che consente di rilevare le quantità di sabbia, argilla e limo contenuti nella terra ed è indispensabile prima di procedere a piantare le viti. In linea di massima, più il terreno è compatto, cioè argilloso, meno indicata è la coltivazione della vite, per via dell’eccessivo ristagno d’acqua. “Occorre anche determinare con precisione il ph del terreno, che non deve mai essere al di sotto di 5,5 e mai al di sopra di 8”, aggiunge Davide Ferrarese, agronomo della tenuta La Centuriona, di proprietà dei banchieri Nattino. Generalizzando, più si sale nella scala del ph, più la vite ha difficoltà ad attecchire. Altrettanto consigliata è un’adeguata concimazione di fondo, a base di fosforo e potassio.”Senza eccedere però, perché l’attuale direzione del mercato impone di privilegiare la qualità del prodotto, a scapito della quantità”, sottolinea Lorenzo Regoli, 37 anni, agronomo di Castello di Volpaia, tenuta senese che ogni anno produce circa 250 mila bottiglie di Chianti classico.

Le spese da affrontare. La voce più importante è senza dubbio l’acquisto del terreno, che secondo le rilevazioni compiute da frea può arrivare a superare il mezzo milione d’euro, come nella zona di Valdobbiadene, nel Trevigiano. Non è tutto però. “Bisogna poi mettere in conto una spesa di circa 25 mila euro all’ettaro per lo scasso”, suggerisce Regoli, un’operazione, effettuata con escavatori, che consente di dissodare il terreno e di raccogliere nel frattempo le rocce che affiorano. Lo scasso, nel bene o nel male, è in grado di condizionare la vita intera del vigneto. Analoga importanza ha l’esborso per l’acquisto delle barbatelle, cioè le piccole viti, pronte a essere trapiantate, e per la palificazione, per cui si spendono 15-20 mila euro per ettaro. “La cifra varia a seconda dei materiali che si scelgono per l’impianto”, sottolinea Davide Ferrarese. Che chiarisce: “I pali di legno sono esteticamente più belli e costano tra 6,5 e 7 euro l’uno; più resistenti quelli in ferro, per i quali si spendono circa 5,5 euro. Sacrificando l’aspetto esteriore, si risparmia con le palettature in cemento, vendute a circa 4 euro ciascuna”.

Per chi è agli esordi, Regoli suggerisce anche una riflessione sui mutamenti climatici in atto. “Basti pensare a quanto sia oggi sviluppata la coltura dell’olivo rispetto a 20 anni fa”, racconta. Suggerendo di concentrare la ricerca di terreni vitabili in zone come l’entroterra orientale della Sicilia o la Maremma.

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