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Italia Oggi

Sbloccato
il Brunello di Antinori ... Declassato a Igt... La procura della Repubblica di Siena sblocca il Brunello Antinori, ma il prezzo da pagare è quello del declassamento a Igt. Ottantatremila bottiglie del celebre vino di Montalcino si sono trasformate in rosso comune toscano mentre altre 40.000 bottiglie circa hanno superato le analisi e la tolleranza del 3 per cento di presenza di uva diversa dal Sangiovese. La decisione è stata presa ieri l’altro ed è stata pubblicata anche in una delibera del Nucleo Repressione Frodi di Firenze. Si tratta del primo passa verso la soluzione di una complicata vicenda che aveva portato la procura di Siena
a sequestrare ingenti quantitativi di Brunello a cinque aziende ilcinesi e ad indagare dodici persone. Il declassamento del Brunello è una delle mosse auspicate dalla procura stessa per poter arrivare rapidamente a una soluzione. In settimana, il ministro delle politiche agricole, Luca Zaia, durante l’assemblea annuale di Confagricoltura, aveva detto: “Si chiuderà nelle prossime settimane, con la firma di documenti, la partita dei Brunello”. “Gli americani”, aveva spiegato Zaia “stavano cominciando a chiedere un po’ troppo. Con la grancassa che si stava creando, stava passando il concetto che agli italiani bisogna chiedere informazioni su tutto”. Secondo il ministro, quella del Brunello non è una situazione che si ferma alla Docg o a quattro amici che lo producono a Montalcino, anche perché gli Usa rappresentano un mercato da 1 mld di euro di esportazioni”. Soluzione o meno del problema, a Montalcino i “quattro amici” pensano a come uscire dall’impasse. C’è chi scrive al presidente del consorzio Patrizio Cencioni dicendo di non avere niente in contrario a un Brunello “internazionale”. Prende corpo l’idea, tra i grandi nomi finiti nell’inchiesta, di dare vita ad un Brunello innovativo”: mettere cioè sul mercato un vino prodotto a Montalcino che contenga Sangiovese, Merlot e Cabernet. Un Brunello come quello bloccato dalla procura della repubblica di Siena. Intanto si scopre che l’inchiesta della magistratura senese parte da un “pizzino”, un foglietto su cui un enologo si divertiva ad appuntare, annata per annata, il toto-vendemmia. Per ogni vigna indicava i quintali di vino che stimava essere prodotti. Qantitativo poi risultato essere inferiore a quanto messo in commercio.

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