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Italia Oggi

Nel bresciano si recuperano i vitigni locali ... Il successo della Franciacorta è stata una tra le tappe più importanti dell’affermazione dell’enologia italiana dando risalto a quella parte della provincia di Brescia che gravita intorno al lago d’Iseo. Ma anche nella restante parte del territorio i viticoltori tentano di emergere da una realtà che, a volte, li confonde con quelli del Veneto, e in particolare del Veronese, e del Trentino. Il Centro vitivinicolo provinciale, in collaborazione con l’equipe dell’università di Milano coordinata da Attilio Scienza, docente di viticoltura,ha messo a punto un progetto con il quale è in atto un recupero delle varietà locali. Con una serie di stadi e ricerche, in primis quelle sul colore, si sta tentando di costruire un’identità locale dei vitigni autoctoni locali”, per citarne uno, dal Lugana doc, noto vino bianco che è prodotto su una superficie di 700 ettari dai quali hanno origine 4 milioni e mezzo di bottiglie. Attualmente il Lugana viene definito come prodotto con uve Trebbiano di Soave, località che però è in Veneto mentre secondo il direttore del Centro, Pierluigi Villa, esiste anche il Trebbiano di Lugana, bresciano, Una spiegazione scientifica c’è: nel tempo il Lugana dì Soave ha subito cambiamenti crescendo in un territorio diverso. Stesso discorso, vale per il Marzemino, “rosso” prodotto anche in Trentino mentre a parere del Centro e di alcuni viticoltori che hanno caldeggiato e finanziato il progetto come Michele Torreggiarli, titolare dell’omonima azienda alle porte di Brescia, una sorta di primogenitura toccherebbe al bresciano visto che il rinomato agronomo Agostino Gallo, fornitore di vini per papa Paolo II Farnese, ne riferiva della sua presenza già nel XVI secolo. “Solo che”, aggiunge Torreggiarli, “nei secoli successivi e in particolare nell’800 ci fu l’invasione dei Cabernet, dei Merlot e del Sangiovese, che oggi costituiscono l’ossatura dell’enologia locale. Ma si tratta, nei primi due casi, di vitigni internazionali”. Il Marzemino bresciano, attualmente, non ha il rilievo che meriterebbe e viene in genere assimilato alla doc “Cipriano del Colle” dove proprio Cabernet e Merlot sono i componenti principali, spiega ancora Torreggiarli, mentre meriterebbe un ruolo a sé stante. Stesso discorso vale per il Groppello, altro vitigno autoctono, che rientra nella doc “Garda Classico” ma l’obiettivo della ricerca del Centro vitivinicolo è quella di creare un vino autonomo che porti questo nome nella certezza che incontrerà l’interesse del mercato.

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