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Italia Oggi

La crisi versa il vino ... Sartori: i nuovi mercati? Un’illusione! Il presidente Uiv avverte: bisogna puntare sui mercati Ue... Si preannunciano tempi duri per la viticoltura italiana, costretta a fare i conti con un export che non tira, un sud della penisola impreparato ad affrontare le nuove sfide del mercato ed una preoccupante “incomunicabilità” con il consumatore. All’indomani dell’entrata a regime della riforma dell’Ocm vino, vengono al pettine alcuni importanti nodi. Dagli effetti negativi prodotti dalla politica “assistenzialistica” della vecchia Ocm sul tessuto economico del sud Italia, alla recessione registrata sui mercati di riferimento europei nel corso dei nove mesi appena trascorsi, sino al “falso” mito dei cosiddetti mercati emergenti dell’Est europeo e dell’estremo oriente, interessati alle nostre produzioni d’eccellenza ma non allo cosiddette eccedenze di produzione. Italia Oggi ne ha parlato con Andrea Sartori, presidente di Uiv (unione italiana vini).
Domanda. Presidente Sartori, ci da mi primo bilancio della riforma e i suoi primi effetti sulla nostra viticoltura?
Risposta. La prima considerazione che mi viene da fare è la viva preoccupazione per le filiere produttive del sud della penisola. Il sistema ante-riforma prevedeva, infatti, aiuti diretti, come quello alla distillazione, che si traducevano in un vero e proprio sostegno al reddito dell’impresa che, paradossalmente, produceva per distruggere, quindi in quantità, senza curare la qualità e senza sviluppare una mentalità imprenditoriale. Ora questi finanziamenti non ci sono più e le aziende sono impreparate ad affrontare il mercato. Qualcuno molto probabilmente non ce la farà. Per gli agricoltori c’è l’ancora dell’estirpo. Per le cooperative che trasformano no.
D. Sono state presentate molte domande per accedere all’aiuto per l’estirpazione. Ci da qualche numero?
R. In totale sino a circa la metà di settembre le domande sono state quasi 20 mila, pari a quasi 15mila ettari. Poco meno del 45% sono state presentate in Puglia, segue la Sicilia con 3.500, l’Emilia Romagna con 2.500 e, a breve distanza, Marche e Abruzzo. I problemi saranno due. In primo luogo come occupare queste superfici. Poi, ancor più serio, come riconvertire le strutture di trasformazione.
D. Competitività o promozione. Come va il mercato?
R. È un discorso complesso. I primi 6 mesi dell’anno hanno segnato un valore negativo in volume di esportazione che nella media tocca il -9%. Quello che però preoccupa di più noi produttori è il
-12,2% del mercato europeo. Lo zoccolo duro delle esportazioni sono, infatti, la Germania, il Regno Unito, il Nord Europa e il Nord America. I cosiddetti paesi emergenti, Cina, Russia, India ecc. possono essere un mercato interessante ma di nicchia. Dobbiamo scordarci di pensare a questi paesi come metà delle nostre eccedenze di produzione. Per coprire le richieste a basso costo della popolazione si stanno già attrezzando. La Cina piantando viti, la Russia pure. Quello su cui dobbiamo puntare ed investire è nella comunicazione diretta con il consumatore, investendo personalmente ma contando anche su un sostegno ed un coordinamento da parte delle amministrazioni. La crisi finanziaria di questo periodo certo non aiuta. Ma dobbiamo riconquistare terreno in Europa ed in Nord America dove c’è cultura del vino. Australia e Cile lo stanno facendo.

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