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Italia Oggi

E il Gavi ora va in riserva ... Abbastanza raramente si sente parlare, in Italia, di vini bianchi invecchiati. In questo settore i viticoltori italiani non hanno seguito le orme di quelli francesi che sono stati un po’ i maestri dell’enologia. Forse perchè il nostro Paese vanta soprattutto una tradizione di “rossi”. A spezzare una lancia a favore dell’invecchiamento dei “bianchi”arriva adesso il Consorzio di tutela del Gavi docg, prodotto nell’alto Monferrato,che ha avviato la procedura per una modifica del disciplinare di produzione che permetta di ottenere la tipologia “Riserva”.Oggi il Gavi viene prodotto su una superficie di circa 1200 ettari ed è certamente, insieme al Roero Arneis e all’Erbaluce, uno dei tre grandi “bianchi” piemontesi. E’ singolare che l’idea sia venuta in una regione dove prevalgono i “rossi”ma probabilmente è proprio la fama dei vini e l’esperienza acquisita dagli enologi che li ha spinti a tentare la nuova esperienza dopo esperimenti effettuati anche altrove e con successo come in Abruzzo.

A permettere un buon invecchiamento contribuiscono diversi fattori tra cui un buon grado di acidità e un’attenta cura del vigneto. Caratteristiche che spiega l’enologo e consulente aziendale Maurizio Fava ha il Gavi il quale per il suo profumo fresco e floreale e la delicatezza è ideale da bere giovane ma dopo alcuni anni di invecchiamento assume aromi naturali e un buon corpo che lo rendono altrettanto gradevole. Un’ottima “Riserva” quindi, con buone possibilità di mercato anche nei paesi anglosassoni dove il vino viene venduto per circa due terzi. Il tentativo è, dunque, di imitare gli Chardonnay di Bologna o i “bianchi” della Cotes du Rhone soggetti da secoli ad invecchiamento. Secondo gli esperti in Italia c’è spazio anche per altri vini come quelli friulani o per il Pinot bianco altesino, decisamente meno per altri come il Trebbiano.Entro giugno è attesa dal Comitato vitivinicolo nazionale l’approvazione della modifica del disciplinare Gavi docg che consentirà la “Riserva”.

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