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Italia Oggi

La crisi scuote i calici esteri ... Si beve meno vino italiano (-9%). Si compra in gdo... Domanda estera del vino italiano in calo di oltre il 9% per il primo trimestre 2009 ed il fiato sul collo delle istituzioni che, per dare gli aiuti, chiedono alle aziende beneficiarie garanzia di progetti effettivi, efficaci e a largo respiro. Anche se con qualche mese di ritardo rispetto ad altri settori dell’agroalimentare italiano, la crisi è arrivata anche per quello vitivinicolo, che, giovedì scorso, a Roma, ha colto l’occasione dell’assemblea annuale dell’Unione italiana vini per aprire il confronto fra imprenditoria e istituzioni sulle nuove regole del mercato globale e sull’etica d’impresa. Presenti il Mipaaf, il dicastero dello sviluppo economico, Assocamerestero e Ice. Il punto di partenza è stata l’analisi del quadro economico del 2009 che mette preoccupazione per quanto riguarda alcuni prodotti del mercato interno che l’export. Se, infatti, il consumo nazionale dei prodotti premium sta reggendo, i vini di fascia alta (soprattutto la spumantistica) e i vini di primo prezzo sono in calo. Cambiano però i canali di acquisto dei prodotti. Gli italiani bevono sempre meno al ristorante e acquistano sempre di più al supermercato per consumare a
casa. Una inversione di tendenza che sta portando la Gdo a coprire quasi l’80% dei consumi. Parallelamente l’export di vino italiano che nel 2008 aveva segnato un incremento in valore dell’1,7%, da gennaio a marzo 2009 è crollato a 727 milioni di euro (-9,2% rispetto allo stesso periodo 2008) a livello mondiale e a 406,5 milioni di euro a livello europeo, un gap dello 6,8% rispetto all’anno prima (dati Assocamerestero).
“Il connubio crisi economica e nuova ocm ci costringerà ad affrontare due problemi, il possibile livellamento dei prezzi all’origine e la restrizione dei mercati”, dice Andrea Sartori, presidente dell’Uiv. “Se, infatti, molti produttori sceglieranno di aderire alla possibilità di produrre vini da tavola con i varietali si potrebbe arrivare ad avere rese enormi per ettaro che andrebbero a deprimere i valori di filiera. Il consumatore forse ne gioverebbe, ma non certo i produttori che rischierebbero la sopravvivenza. Per l’export le considerazioni vanno fatte paese per paese”, prosegue Sartori. “Il Regno Unito, in crisi e svantaggiato dal cambio euro/sterlina conterà un 20% in meno, il resto dell’Europa resisterà sui numeri attuali, mentre l’America va meno al ristorante, canale primario di consumo per il nostro vino. Speriamo di essere smentiti ma riteniamo che l’export scenderà del 10% nel corso del 2009 e con esso il fatturato che potrebbe superare la soglia del 10%”.

“La soluzione per migliorare l’accesso al mercato del nostro vino va trovata con i singoli paesi, negli accordi bilaterali”, spiega Amedeo Iteti, direttore generale per la politica internazionale del ministero dello sviluppo economico. “Nei prossimi mesi partirà un nuovo progetto dove finanzieremo chi aprirà nuovi ristoranti impegnandosi ad utilizzare solo prodotti made in Italy. Gli stati Uniti saranno i primi”.
“L’agroalimentare rappresenta oltre il 40% dell’attività delle Camere di commercio italiane all’estero”, racconta Edoardo Pollastri, presidente di Assocamerestero. “Le iniziative promozionali che stiamo portando avanti sono 312, di cui 120 si concentrano nel settore vitivinicolo, di cui buona parte in Europa e un buon numero in Asia. Fra i progetti più innovativi, quelli organizzati a Singapore, Bankog e Mumbai per esportare il nostro know how nei processi produttivi e la nostra tecnologia enologica”.
“L’Agricoltura sta attraversando un momento di grande cambiamento. Bisogna concentrare risorse economiche e imprenditoriali in pochi ed efficaci progetti”, spiega Giuseppe Nezzo, capo dipartimento delle politiche di sviluppo rurale del Mipaaf. “Noi semplificheremo le procedure, metteremo mano alle disposizioni obsolete del Sistema, la prima sarà la legge n. 164/1992, e spingeremo perché la concertazione fra le istituzioni sia reale attraverso dei protocolli comportamentali che guidino le imprese. Ci stiamo già muovendo in questo senso con il Mse e con l’Enit”.

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