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Italia Oggi

Meno vino nel 2009, la qualità (buona) non paga ... Stime definitive Assoenologi sulla vendemmia: -8% rispetto alla media degli ultimi 5 anni... Qualità eterogenea, con punte di eccellenza nel Centro Nord Italia, ma con una produzione inferiore alla media quinquennale (-8%) e del decennio (-10%) che si attesta sui 44,5 milioni di ettolitri. Una vendemmia 2009, quella stimata da Assoenologi, che dovrà puntare molto sulla valorizzazione della qualità del nostro vino, ma che non potrà paradossalmente contare sui flussi dell’export che vedono, invece, una netta prevalenza delle quantità sui fatturati. Il consumatore estero vuole, infatti, bere bene, spendere poco e scegliersi il vino sugli scaffali della gdo. I dati del primo semestre 2009, sono chiari. Volumi in crescita (circa +7%) e valori in calo (-7,3%). Il dato è comune a tutte le tipologie con punte elevate per gli spumanti, che perdono il 25,5%, ma anche per le altre: i mosti superano il 16%, gli sfusi oltre il 15% e il prodotto in bottiglia cala quasi del 12%. Viceversa i quantitativi crescono, soprattutto fra maggio e giugno, portando la quantità da 8,4 a 9 milioni di ettolitri, mai sfiorata in questi ultimi anni. Parallelamente al calo dei valori la crescita dei volumi premia in primis gli spumanti regalando loro un +10,2%, mentre per lo sfuso e l’imbottigliato la crescita è pari, rispettivamente al +8,7% e al +4,4%. “In questa tendenza opposta e apparentemente schizofrenica che vede i valori in caduta ed i volumi in ascesa si può intravedere la tendenza della domanda internazionale orientata verso prodotti di elevati standard qualitativi a un prezzo sempre più contenuto”, spiega Giuseppe Martelli, presidente di Assoenologi. “La richiesta del consumatore è in deciso aumento concentrandosi sempre più verso il canale della Gdo, dove l’ampia scelta delle nostre produzioni è comunque in grado di fare fronte e soddisfare tutte le esigenze. Il problema resta quello della distribuzione del valore che potrebbe a lungo andare penalizzare pericolosamente la parte più fragile della filiera”. Al di là delle considerazioni sulla buona tenuta del mercato europeo (soprattutto la Germania e l’Austria) rispetto a un Nord America in piena crisi e ad un estremo oriente che non convince, paiono, invece, molto interessanti le tendenze regionali dei flussi di export, cartina di tornasole dei dati sulle produzioni e sul loro appeal sul consumatore estero. La zona più colpita dalla flessione è il Centro Italia che perde il 9%, seguita a breve giro dal Nord con un calo del 7,6%. Il Sud riesce a tenere grazie alla crescita dello sfuso.

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