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Italia Oggi

Quel succo di pietra bimillenario ... Il vino doc Savuto, ricco di antiossidanti e di tanta storia antica... I Bruzi, già nel terzo secolo a.C., coltivavano la vite ad alberello. I Romani fecero propria la tradizione... Succo di Pietra. Quando si dice che il nome racconta una storia. Del Savuto, vino Doc di Calabria che di storia ne ha da vendere. Da quando i Romani lo chiamavano Sanutum, perché i vigneti si affacciavano sulle sponde del fiume Savuto, al 1995, anno in cui ha ottenuto il riconoscimento della Doc, con i vigneti ancora abbarbicati sugli stretti terrazzamenti limitati da muretti in pietra della sponda destra del fiume digradante verso il fondovalle. Il corso d’acqua scorre tra le pendici del Massiccio del Reventino e la parte più meridionale della Catena Costiera, fino a sfociare nel Tirreno. Decantato sia da Plinio che da Strabone e ancor più dai patrizi e dalla borghesia romana ai cui banchetti non poteva non mancare. Si distingue da tutti gli altri vini calabresi che hanno in maggioranza vigneti digradanti verso mare in quanto le viti del Savuto, sono piantate sulle pendici di colli e rilievi che guardano il fiume sottostante. Molti degli storici vigneti sono nella caratteristica forma ad Alberello, con il sistema praticato dai popoli dei Bruzi nel III secolo a.C. In questa gola dalle pareti pietrose s’incuneano i venti di libeccio e maestrale che intridono la terra e forgiano il carattere di questo rosso unico, robusto, molto alcolico: un vino da arrosto e per grandi carni, “austero come una cattedrale” come è stato detto. In Calabria, si sa, il vino lo fanno da sempre. Duemila anni fa i Romani semplicemente appurarono e divulgarono un costume già consolidato nei popoli indigeni da chissà quanto tempo. La coltivazione della vite ricopriva in passato l’intera zona a cavallo del fiume Savuto: una produzione per lo più ricavata e praticata su stretti terrazzi ottenuti su muretti a secco. Più recentemente, tra l’Otto e il Novecento, ce ne hanno fornito testimonianza molti storici che la regione la conobbero a fondo. E ognuno di loro ha descritto il Savuto con toni molto lusinghieri. Qui ogni piccolo paese custodisce la sua tradizione e rivendica il primato della bontà, dell’unicità, dell’eccellenza. Ogni produttore è legato intimamente al “suo” vino e alla sua usanza nel farlo. Dopo tanti anni la regione si identifica ancora in quella Enotria descritta dagli antichi viaggiatori, una terra da vino che non delude e che anzi, con le nuove normative, si attiene agli elevati standard di qualità previsti dai disciplinari di produzione. I vigneti del Gaglioppo (localmente chiamato Arvino), proprio come tremila anni fa, vengono allevati ancora con lo stesso sistema dell’alberello a capitozza, con non più di tre branche e tre cornetti per branca e con una densità per ettaro compresa tra 2500 e 3000 piante e una resa a ceppo non superiore a 1.2 kg per pianta. È questo il vitigno principe del Savuto cui partecipa con una percentuale che varia dal 35 al 45%. Un vitigno che offre una buona resistenza alle gelate e alla siccità, mentre appare piuttosto inerme agli attacchi di peronospora e all’oidio. Altre varietà partecipano all’assemblaggio quali il Greco Nero, il Nerello, Cappuccio Magliocco Canino e Sangiovese. Come si evince, gran parte di questi vitigni sono autoctoni a dimostrazione di un vino espressione di una forte biodiversità viticola. I vini dove le vigne sono ad un’altitudine intorno ai 400 metri sul livello del mare ed i cui vini sono eleganti e ricchi di frutta, dal carattere deciso e leggermente speziati. Con una gradazione alcolica minimali 12.5 e un invecchiamento di due anni, possono portare in etichetta la qualificazione “Superiore”. Il Savuto va servito ad una temperatura ambiente ed è ideale se abbinato a minestre asciutte con salse saporite oppure abbinato a selvaggina e/o formaggi tra cui spicca il caciocavallo Silano stagionato. Un vino che oltre a piacere fa anche bene! Da recenti ricerche è stata dimostrata l’alta presenza di composti antiossidanti nel Savuto, se confrontato con altri vini calabresi.

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