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Italia Oggi

Ismea e Nomisma concordi: il futuro del vino sarà positivo ... A ben guardare, nell’analisi del settore vitivinicolo italiano e internazionale che sia Ismea sia Nomisma hanno proposto ai partecipanti all’assemblea annuale delle aziende vitivinicole aderenti a Fedagri-Confcooperative nei giorni scorsi, non mancano elementi positivi. La progressiva riduzione della superficie vitata (calata dai 792 mila ha del 1999 a 700 mila ha lo scorso anno in Italia) e della produzione (ridottasi del 13% negli ultimi anni a 46 milioni di hl) a fronte di un leggero miglioramento qualitativo, secondo Ismea, contribuiranno a riequilibrare il mercato, ingolfato da elevate giacenze in tempi, oltretutto, di consumi in calo. I prezzi sono e si prevedono ancora in calo, ma a essere penalizzati saranno maggiormente i vini sfusi e comuni, piuttosto che quelli doc e docg, meno sostituibili agli occhi del consumatore sia italiano che straniero. Per contro, nel primo semestre 2009 l’export di vini italiani è tornato positivo (+7,8%), mentre sono continuate a calare le vendite all’estero di Spagna (-19,9%) e Francia (-11,4%). Anche Nomisma vede quasi rosa in fatto d’export di vini italiani. “Nei primi sette mesi dell’anno”, ricorda Denis Pantini, coordinatore area agricoltura e industria alimentare dell’istituto bolognese, “le esportazioni sono cresciute del 10% a volume a fronte di ricavi in calo del 4%. E poiché di trimestre in trimestre la situazione è migliorata, abbiamo motivo di credere che il trend si consoliderà. Il fatto poi che l’80% dei vini italiani costa meno di 5 euro grazie a un elevato rapporto qualità/prezzo, dovrebbe avvantaggiarci. Non è detto infatti che, una volta superata la crisi di liquidità conseguente alla recessione globale, il mercato torni a crescere esattamente negli stessi termini e secondo le stesse regole di prima. È anzi molto probabile che i consumatori che avranno imparato a bere bene a prezzi più contenuti confermeranno questo tipo di scelta”. Pantini non manca per d’evidenziare il tallone d’Achille del sistema vitivinicolo cooperativo italiano: le dimensioni economiche eccessivamente ridotte delle aziende, che ne compromettono la competitività, l’attitudine all’export e la forza contrattuale nel rapportarsi con le grandi catene distributive. “Sarà inoltre importante”, conclude Pantini, “non lasciarsi sfuggire l’opportunità di avvantaggiarsi dei fondi previsti dall’Ocm per la promozione dei vini sui mercati esteri. L’orientamento Ue è di non metterne altri a budget”.

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