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Italia Oggi

Il buon marketing sul vino del Cile terremotato ... La scorsa settimana è toccato al Cile subire gli effetti di un terremoto devastante. Concepcion, la città più colpita del paese andino, è al centro di una delle aree vinicole più importanti del paese. La Itata Valley è la regione più antica della tradizione enologica cilena visto che la storia racconta che i primi vitigni provenienti dall’Europa entrarono nel paese proprio dal porto di Concepcion. E vicina alla stessa città martoriata dal terremoto c’è anche la Maule valley, la più larga regione vitivinicola del Cile dove si producono vini tradizionali come il Carmenere e blend innovativi. Il vino è oggi una importante industria dell’export cileno. Non importante quanto il rame, ma sicuramente un comparto di peso per un paese di circa 16 milioni di abitanti che ha fatto dell’attenzione alle esportazioni un aspetto qualificante del proprio modello di sviluppo economico. Del resto l’enologia cilena è, in qualche modo, unica al mondo. Il Paese offre quasi ogni varietà climatica dai deserti del nord ai ghiacciai del sud passando per i microclimi mediterranei delle valli costiere centrali. Una ricchezza climatica e di territorio che nel corso degli anni ha permesso al Cile di piantare ogni possibile vitigno. E anche di riscoprire vitigni scomparsi in Europa con la filossera. Come il Carmenere, oggi molto coltivato, un vitigno che fino al 1994 veniva confuso con il Merlot prima che un enologo francese in visita in Cile scoprisse la verità. In Cile nei circa 115 mila ettari vitati si produce soprattutto vino rosso, per il 75%, da tre vitigni Carmenere, Merlot e Cabernet. Grazie alla vicinanza delle Ande il paese, a differenza di Australia e Sud Africa ed anche della California, non ha problemi di irrigazione e, soprattutto, visto l’isolamento di cui ha goduto nei secoli, i suoi vitigni sono rimasti illesi dalla peste vinicola del Novecento: la filossera. Tanto che oggi il Cile vanta alcune delle piante più vecchie al mondo ancora in produzione. Il paese andino esporta il 75% della sua produzione annua e il Regno Unito è il principale mercato di vendita dei vini cileni. Circa il 7% del mercato britannico è oggi appannaggio dei vini cileni con i due principali produttori cileni, Concha y Toro e Cono Sur, che esportano da soli circa 2,5 milioni di casse annue su un totale di sette. E tra i primi cinque paesi di esportazione del vino cileno ci sono anche gli Usa con poco meno di 6 milioni di casse annue, il Canada, la Germania e l’Olanda tutti abbondantemente al di sopra delle 1,5 milioni di casse vendute. Nei mercati di lingua inglese per i vini cileni la partita da giocare è meno facile rispetto ai concorrenti del nuovo mondo che un tempo facevano parte del Commonwealth britannico come Australia, Nuova Zelanda e Sud Africa. L’enologia cilena è più associata dai consumatori al mondo latino, in qualche modo mediterraneo, che non alle sensazioni che ispirano le vecchie colonie inglesi. Quindi è meno facile posizionare nella testa dei consumatori britannici un vino cileno. Serve un ottimo marketing ed una strategia prolungata nel tempo fatta di un mix giusto di strumenti che supportino il prezzo. E proprio sull’innovatività del marketing hanno puntato i cileni per guadagnare costantemente quote di mercato: era del 5,9% nel 2003 e del 7% nel 2008 a livello di mercato britannico totale, ma già del 7,4% nei soli supermercati. Soprattutto i vini cileni hanno saputo conseguire tre importanti risultati contestuali: aumentare il prezzo medio di vendita per bottiglia ora pari a 3,81 sterline; aumentare il volume delle casse di prodotti vendute ad un prezzo medio per bottiglia superiore alle 5 sterline; guadagnare quote nel mercato della ristorazione dove oggi i vini cileni consumati nei ristoranti britannici ammontano a circa l’8% del totale.

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