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Italia Oggi

Cantine d’autore ... Il trend è globale: i più famosi architetti progettano opere d’arte nei vigneti. In ballo c’è il prestigio delle case vinicole... Ormai la tendenza è planetaria: grandi produttori di vino si affidano a grandi architetti, per fare delle proprie cantine vere e proprie opere d’arte. Più è famoso l’architetto, più la cantina è prestigiosa. E più la winery è di grido, più il brand si diffonde. E acquista valore. Così, quel che una volta era uno spartano e scivoloso laboratorio in cui celare i segreti enologici di famiglia, oggi diventa un biglietto da visita irrinunciabile per le grandi case vinicole. Uno status symbol da esibire a clienti e fornitori, ricorrendo a quella che, probabilmente, è la più capace, tra le discipline umane a comunicare potenza: la scienza architettonica. Investimenti pionienistici a parte, il ricorso alla matita delle “archistars” è una tendenza globale degli ultimi anni. Tanto in paesi a più lunga tradizione vinicola, come l’Italia, quanto in territori vocati, ma di più recente produzione, come il Cile, spuntano opere che lasciano senza fiato. E dai costi faraonici. Del resto, nell’era della comunicazione, l’immagine produce prestigio. E profitto. Specie in mercati a più elevati volumi di vendita, come gli Stati Uniti d’America. O in paesi neofiti del vino, come Russia, India e Cina, dove, non sempre, a una grande capacità di spesa si accompagna un’affinata maturità del gusto. Ma poiché alla regola della comunicazione neanche l’agricoltura sfugge - vuoi per esigenze di marketing, vuoi per necessità di diversificazione del business, vuoi per capacità e coraggio nell’attivare investimenti anti-ciclici in infrastrutture, proprio quando la crisi morde di più - a conti fatti è proprio la viticoltura il comparto più vivace a cavalcare questo trend. Così, si realizza il connubio che non t’aspetti. E il vecchio mondo del vino fatto di fatica e sudore, scarpe sporche e mani ferite dalla vendemmia, si sposa al prestigio di alcuni vigneti, da cui si estrae non solo uva, ma anche arte. Gli architetti, da parte loro, fanno a gara nel progettare per il regno di Bacco. Nomi altisonanti come Renzo Piano, Santiago Calatrava, Frank Ghery, Mario Botta, Alvaro Siza, Massimiliano Fuksas hanno lasciato il loro segno nei campi. Solcando i terroir, giocando con gli spazi, ridisegnando geometricamente il territorio. O evitando il più possibile di condizionarlo, grazie a strutture ipogee, per altro considerate tecnicamente insuperabili nell’assicurare le migliori condizioni di maturazione al vino. E anche le leggi della fisica hanno una loro funzione, cosicché vengono progettati sistemi di svinatura, capaci di sfruttare la sola forza di gravità. Nella progettazione delle super-cantine, infatti, ai grandi architetti si affianca l’esperienza degli enologi. Perché, va bene l’immagine, ma il vino deve restare eccellente. E in soldoni? Cosa ne ricavano concretamente le case vinicole? Da qualche anno, il turismo enologico ha raggiunto numeri ragguardevoli. In Italia, a maggio, ci sarà la diciottesima edizione di cantine aperte, manifestazione di punta del Movimento del vino. Bene, secondo il Centro studi Vinitaly, il 40% degli italiani acquista direttamente in cantina il vino che consuma abitualmente. Il 46%, invece, considera le degustazioni in cantina uno strumento efficace di promozione, mentre per il 34% lo sono gli eventi aperti al pubblico nelle varie città per degustare e acquistare vino direttamente dai produttori. Inoltre, il 50% dei wine lover partecipa a Cantine aperte e circa il 30% si dedica al turismo enogastronomico o percorre le Strade del vino. Sono numeri che dicono tanto. Non solo: secondo dati Coldiretti, nel 2009 gli italiani hanno speso 1,2 miliardi di euro per comprare vino in cantina dal produttore, con un aumento del 47% sul 2008. E la concorrenza non manca: in Italia sono 21.624 le aziende agricole presso cui è possibile acquistare uno tra i 320 vini Doc, 41 Docg e 137 Igt del paese. Non basta? Secondo un rapporto Città del vino/Censis gli enoappassionati in giro per l’Italia sono dai 5,5 ai 6 milioni, per un volume di affari che nel 2009 è valso tre miliardi di euro (+20% sul 2008). Si tratta di un turismo adulto, con un buon ricambio generazionale, praticato dal 40% degli over 30 e dal 30% dei giovani al di sotto dei 30 anni di età. Ma è anche un turismo inconsapevole, dunque sensibile all’attrattiva: degli oltre 20 milioni di italiani che nel 2009 hanno visitato cantine (13 milioni ), vigneti (12 milioni), strade del vino (5 milioni), frequentazioni di ristoranti in base alla varietà dei vini (5 milioni), solo 2,6 milioni, si autodefiniscono “turisti del vino”.

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