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Italia Oggi

Le coop, locomotiva del vino italico ... Ricavi per 3,2 mld, 198 mila aziende conferenti e 9 mila addetti... Inchiesta di ItaliaOggi sul peso della cooperazione nel vitivinicolo. Il grosso degli associati in Fedagri... Parlare di gigantismo è forse eccessivo: ma è un fatto che il mondo cooperativo ha un ruolo primario nel settore vitivinicolo nazionale. Rappresenta 583 cantine, 3,2 miliardi di fatturato aggregato, oltre 8.800 addetti e 198 mila aziende conferenti. Il maggior numero (circa il 70%) si riconosce in Fedagri Confcooperative con 425 aziende, 141 mila soci e 5.700 addetti, mentre un altro 20% (82 aziende) lavora sotto il cappello di Lega Coop agroalimentare, il resto si divide tra Agci e Unci. I numeri, da soli, tuttavia non bastano per spiegare un fenomeno molto complesso e variegato. Se molte realtà sono rimaste di medie e piccole dimensioni, con un’area distributiva prettamente locale, altre sono assurte ai vertici del comparto nazionale e si sono ritagliate un posto primario nel comparto. Eppure, nonostante il settore cooperativo di punta agisca ormai con mentalità e strategie privatistiche, resta nell’immaginario collettivo un’immagine dura a morire: quella che il vino cooperativo sia di bassa qualità. “È vero”, commenta Giuseppe Battistuzzi, responsabile vino di Fedagri Confcooperative. “Ma, nella stragrande maggioranza dei casi, questa idea è sbagliata. Da molte cantine escono vini di eccellenza assoluta. In ogni caso, anche per quanto riguarda i vini da pasto, i cosiddetti dairy, la qualità è garantita da controlli severi”. “La politica della qualità”, gli fa eco Gabriella Ammassari, responsabile ufficio vino di Lega Coop agroalimentare, “è ormai un dato scontato. Ogni azienda ha una sua strategia, ma quella della qualità è presente ovunque, anche nelle confezioni in brick”. Il panorama cooperativo, pur nelle sue mille sfaccettature, sembra compatto su alcune linee guida di fondo. Qualità, filiera, marketing diversificato a seconda dei canali di vendita sono quelle che caratterizzano le cooperative top di gamma. Dice Adriano Orsi, presidente di Cavit, una delle principali realtà cooperative trentine (13 cantine, 4.500 soci, 7 mila ettari a vigneto, 67 milioni di bottiglie, di cui l’80% esportate): “Negli ultimi 30 anni i cambiamenti sono stati importanti. La vendita di vino sfuso ha lasciato sempre più spazio a quello in bottiglia e molte realtà come la nostra hanno puntato decise sulla qualità”. La filosofia non cambia, quando ci si sposta in Piemonte, alla cooperativa Terre del Barolo, di Castiglione Falletto, 400 soci conferenti, 3 milioni di bottiglie, di cui un terzo va all’estero, un fatturato composto per il 70% da vino imbottigliato e per il 30% da vino sfuso, “una quota, questa”, sottolinea il presidente, Matteo Bosco, “in costante calo”, soprattutto dal 2001, quando è decollato il progetto qualità. I colossi del settore stanno però in Emilia Romagna. Caviro di Faenza, nata nel 1966 come cooperativa di secondo livello (46 realtà associate, oltre 18 mila soci, 39 mila ettari a vigneto, circa 200 milioni dì pezzi venduti, tra brick e bottiglie per 250 milioni di fatturato), è ormai un gruppo diversificato. Dice il presidente, Secondo Ricci: “La nostra è una realtà composita; quanto al vino, il 60% è in brick e il 40% in bottiglia, ma siamo leader nazionali nella produzione di alcool, co-leader mondiali in quella di acido tartarico, co-leader italiani nel mosto concentrato rettificato e abbiamo produzioni di rilievo nella produzione di enocianina e polifenoli, che prendono soprattutto la via dell’estero”. Il controllo qualità è esteso e ci ha anche permesso di entrare nella gdo con le private label (Coop, Conad, Sigma, per citare solo alcune catene). Diversa la strategia di Cantine Riunite di Reggio Emilia, nata nel 1950 e oggi forte di 2.600 soci, con 100 milioni di bottiglie, di cui il 50% in oltre 50 paesi e 430 milioni di fatturato. “Siamo cresciuti nel tempo”, afferma il presidente Corrado Casoli, “come cooperativa di secondo livello. È molto importante la valorizzazione del nostro territorio, ma negli anni Cantine Riunite è cresciuta con acquisizioni fuori regione, come quella di Maschio nel 2002 e quella del Gruppo italiano vini nel 2009. Ci ha portato a completare la gamma di prodotto, dai vini base ai docg, espandendo non solo la tipologia di clientela, ma anche la territorialità (il Giv raggruppa 15 marchi di alta qualità in sei regioni del Centronord, ndr). È poi di mercoledì l’accordo, solo distributivo, con Carpenè Malvolti”, uno dei nomi eccellenti dell’enologia nazionale. In continua crescita anche una delle più prestigiose cooperative del Sud, la Due Palme di Cellino San Marco, guidata da Angelo Maci (mille soci, 2.200 ettari vitati, 4 cantine, 6 milioni di bottiglie, di cui il 95% all’estero, un elenco interminabile di riconoscimenti in tutto il mondo). “Qui la qualità dell’intera filiera”, dice Maci, “è seguita in maniera quasi maniacale, con aggiornamenti costanti dei soci, difesa integrata del vigneto e riduzione di prodotti chimici, affiancata dalle acquisizioni (l’ultima due anni fa)”. L’imbottigliato è ancora il 40% contro il 60% di sfuso, ma quest’ultimo si sta riducendo drasticamente negli ultimi anni.

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