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Italia Oggi

È caccia all’ossigeno in bottiglia ... Una nuova tecnologia ne misura il quantitativo in vini e mosti... Nomacorc lancia uno strumento d’analisi portatile. Le misurazioni con piccoli sensori e fibre ottiche... La prossima frontiera dell’enologia sarà il controllo dell’ossigeno in ogni fase del processo produttivo, fino all’imbottigliamento e alla conservazione. Per regolare i flussi di ossigeno tuttavia occorre prima di tutto misurare il contenuto di questo elemento nel mosto e nel vino, analizzando l’impatto ossigenativo di ogni impianto in cantina. Per far questo Nomacorc ha messo a punto uno strumento d’analisi portatile, di facile utilizzo nei locali di lavorazione, che può essere spostato rapidamente e semplicemente seguendo l’operatore e le varie fasi del processo produttivo. Lo strumento si chiama NomaSense. La misurazione avviene sfruttando il processo di oxo-luminescenza a fibre ottiche, in pratica alcuni piccoli sensori a forma di pastiglia vengono posizionati nelle bottiglie campione (spazio di testa e in immersione) o nelle vasche o nelle giunture dei sistemi di imbottigliamento, per essere poi “attivati” tramite una luce blu trasmessa attraverso una bacchetta a fibra ottica. La pastiglia del sensore risponde emettendo una luce rossa che indica la presenza di ossigeno disciolto nel vino. L’analizzatore traduce l’intensità della luce rossa in un livello di concentrazione di ossigeno specifico. Il processo è assolutamente non invasivo e non distruttivo, ripetibile e certificato. La facile lettura dei dati su display fornisce una valutazione rapida e affidabile della quantità di ossigeno catturata nello stato liquido e gassoso. “Spesso”, ci spiega Ada Ciarla, enologa e responsabile per l’Italia del settore tecnico di Nomacorc, “le attività di cantina vengono eseguite in maniera routinaria, senza tenere conto dell’influenza dell’impiantistica o della modifica di questa sullo stato di ossigenazione del vino. Durante i nostri rilievi, ad esempio, le pompe sono risultate tra i fattori che più influiscono sul contenuto in ossigeno del mosto e del vino”. La validazione dello strumento è stata effettuata presso importanti centri di ricerca europei, come quello di Montpellier in Francia, e sulla base degli standard definiti dall’Organizzazione mondiale della vite e del vino. “Anche alcuni enti scientifici italiani stanno utilizzando il NomaSense”, continua Ada Ciarla, “come l’Istituto di San Michele all’Adige, il Consorzio Tuscania e l’Università di Verona”. Lo strumento utilizzato dai centri di ricerca è il più evoluto e sofisticato NomaSense Trace ma “per l’utilizzo operativo in cantina”, ci dice Ada Ciarla, “è sufficiente il modelle base Prime”. Se può essere importante misurare l’ossigeno disciolto nel vino che matura in barrique, per monitorarne il grado di microssigenazione e di affinamento, ancora più importante può risultare l’utilizzo in fase di imbottigliamento. “Ho avuto esperienza diretta”, conclude Ada Ciarla, “di come una semplice operazione di cantina, come il travaso di parte di un vino da un tino a un altro incide sensibilmente sul livello di ossigenazione che influisce in maniera determinante sulla serbevolezza, gli aromi e la conservazione dello stesso”. Il NomaSense è quindi un utile strumento di controllo del processo anche per rilevare eventuali anomalie e malfunzionamenti degli impianti, riscontrabili attraverso gradi di ossigenazione anomali del vino, ma può essere anche un utile indice per il produttore che potrà ragguagliare meglio il consumatore su quanto potrà aspettarsi dal vino acquistato nel corso dei mesi. Se infatti un vino presenterà elevati valori di ossigeno libero e disciolto sarà utile consumarlo rapidamente se se ne vorranno apprezzare appieno le fragranze. “L’ossigeno può fare o distruggere un vino”, disse Louis Pasteur.

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