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Italia Oggi

Chianti, rivolta autoctona ... Piccoli produttori contro il consorzio Gallo Nero... La protesta di chi vuole il monovitigno. La replica di chi pensa sia solo utopia... Maggior attenzione ai problemi delle piccole realtà. E quanto chiedono una decina di piccoli produttori del Chianti Classico che per protesta contro la politica del Consorzio del Gallo Nero hanno organizzato una cena alternativa a quella che è tenuta in occasione di Chianti Classico Collection, l’anteprima che si è svolta alla Stazione Leopolda di Firenze. Tra varie definizioni, da i “sovversivi del Sangiovese” a quelli de “l’orgoglio autoctono”, alla base c’è il non sentirsi rappresentati. Come spiega Natascia Rossini, podere La Cappella a Barberino Vai d’Elsa (Fi). “Abbiamo innescato la discussione. Certo, non vuole essere L una guerra e non vogliamo scissioni, ma un tavolo di persone intelligenti dove trattare. Vogliamo far sentire anche la nostra voce, vogliamo essere rappresentati”. Con lei Michele Braganti dell’azienda Monteraponi a Radda in Chianti (Si). “Vogliamo far vedere che l’eccellenza è anche nelle piccole aziende e che un grande Sangiovese lo fa un contadino, un viticoltore, un terreno. Vogliamo fare sapere che ci siamo anche noi e che non vogliamo vivere di luce riflessa di quattro cinque nomi”. E la protesta è stata appoggiata anche da chi, dal Consorzio, è uscito proprio per scelte produttive. È Martino Manetti, seconda generazione dell’azienda Montevertine a Radda in Chianti. ““Siamo stati i primi a uscire dal Consorzio, nel 1984, in quanto mio padre voleva fare vino solo Sangiovese e il disciplinare non lo permetteva. Adesso si può fare, ma il problema è che dentro ci si trova di tutto. E il Chianti Classico non ha più una identità”. La risposta dei “grandi” è di Sergio Zingarelli, patron di Rocca delle Macie a Castellina in Chianti (Si). “Grandi e piccole aziende sono complementari le une per le altre. Certo hanno esigenze diverse e il Consorzio cerca di condividere e armonizzare le diverse anime. Occorre arrivare ad un equilibrio di tutti gli interessi. Quella che c’è stata è una polemica sterile, non c’è assolutamente disparità di trattamento”. E anche per quanto riguarda il vitigno, “noi crediamo molto nel Sangiovese e facciamo grandi investimenti per riportarlo in azienda. Ma per fare un grande Sangiovese ci vogliono grandi vigneti altrimenti non sempre è- all’altezza e allora va aiutato con altre uve”. Per Giuseppe Liberatore, direttore del Consorzio del Gallo Nero “pensare che la produzione totale possa essere monovitigno è pura fantasia. Il Chianti Classico è sempre stato un blend. Anzi, prima non era possibile produrlo in purezza, mentre dal 1996, grazie alla ricerca e ai nuovi doni, questa possibilità è stata concessa”. E poi, dice Liberatore, a parlare sono i numeri. “Nel 2010 c’è stata una crescita delle vendite del 21%. Un trend che fa ben sperare per il 2011 e che indica una ripresa che, se pure con tutta la prudenza del caso, sembra inarrestabile”. La protesta, quindi, è su un problema che non esiste “Il consorzio è sempre stata una casa aperta e trasparente, non ci sono aziende serie A e B. Alle nostre iniziative partecipano centinaia di aziende in rappresentanza di tutte le categorie della filiera. La politica e l’immagine non la fanno cinque aziende”.

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