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Italia Oggi

L’analisi ... Lo Tsunami ha stravolto anche l’import di vino giapponese... Lo tsunami ha stravolto l’andamento della terza economia del mondo. Un mercato molto importante per l’export vinicolo italiano da monitorare con molta attenzione. Soltanto poche settimane prima del terremoto le autorità giapponesi avevano raddoppiato le previsioni di crescita economica nel 2011 al 2,6% dall’1,3%. Prima del disastro nucleare le aspettative sul pil erano dunque più che positive a Tokyo. Ora invece la Banca centrale del Giappone stima una crescita negativa dello 0,7% per l’anno in corso. Un drastico cambio di scenario nel giro di pochi mesi. La terza economia del mondo, un colosso manifatturiero globale, pur conservando alcuni aspetti peculiari di disequilibrio macroeconomico, come il più elevato rapporto al mondo tra i paesi avanzati tra debito pubblico e pil, prima dello tsunami avrebbe dovuto conoscere una buona annata. Ovviamente tutto è stato stravolto dal terremoto e dal successivo tsunami. Il Giappone resta comunque un tassello importante dell’interscambio mondiale e del commercio internazionale e la sua crisi può significare un concreto banco di prova per la globalizzazione. Perché? Perché le merci e i servizi esportati e importati da Tokyo sono un flusso significativo degli scambi globali e sottrarli, anche soltanto temporaneamente, a questo ormai integrato intreccio di contratti può rivelarsi molto meno banale di quanto non si pensi. Insomma, la globalizzazione potrebbe registrare una perdita di efficienza operativa dovuta alla venuta meno, più o meno importante, del ruolo giocato dall’economia giapponese. La globalizzazione, nei fatti, è un enorme gioco multilaterale dove le concatenazioni tra interessi sono ormai molto meno facilmente sostituibili dei passato. All’interno della globalizzazione si è sviluppata una sofistica specializzazione dei fattori produttivi e delle aree geografiche e tutto funziona al meglio, solo se ogni tassello della catena globale fa quello che gli altri si aspettano che faccia. Se un corto circuito mette in crisi un tassello importante, allora è inevitabile che l’intera catena subisca dei danni. Nelle prossime settimane assisteremo al più grande esercizio di integrazione o sostituzione di un produttore all’interno del più sofisticato e decentrato mercato che l’uomo abbia mai creato. Contratti commerciali e finanziari, già sottoscritti o da perfezionare ed aventi come controparte il Giappone, dovranno trovare, il più delle volte, una soluzione alternativa. Ma la capacità produttiva nipponica è ancora importante e trasforma questo gioco di efficientamento globale in un esercizio assai complicato. La capacità di gestione della globalizzazione sarà valutabile alla luce del sole. Certamente il Giappone dispone di enormi riserve valutarie accumulate nei decenni per far fronte rapidamente alla ricostruzione, ma è altrettanto vero che per qualche tempo avrà molta difficoltà a gestire il commercio internazionale come faceva prima del terremoto. Questa riorganizzazione del Giappone impatterà anche nell’interscambio vinicolo. Il Giappone è un medio consumatore di vino rispetto ai paesi europei, ma da qualche decennio in alcuni ristoranti metropolitani e pranzi di lavoro il vino è diventata una bevanda abituale. Siamo ancora a consumi collettivi inferiori ai 10 litri per capita annui, ma la ricchezza nazionale del paese e i circa 120 milioni di abitanti producono comunque una domanda
aggregata interessante per chi esporta vino che ora si vede costretto a rivedere il budget fatto a
novembre 2010 e stravolto dallo tsunami.

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