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Italia Oggi

Rosé, per esportare ... Consumi giù in Italia, su in Europa... La Francia è il top player. Seguono Italia, Spagna e Usa... La crescita dei vini rosati nel mondo è esponenziale ma la loro produzione è tutt’altro che semplice. I rosé nazionali rappresentano una quota di mercato prossima o superiore al 10% in paesi del nord Europa, come Gran Bretagna e Germania. Secondo una stima Federdoc i rosati rappresentano l’8% della produzione mondiale di vino ed il 9% del consumo mondiale. Il 75% dei rosati è prodotto in Europa e la Francia è il primo paese produttore, seguito da Italia, Spagna e Stati Uniti. Dati e tendenze rassicuranti per chi vuole esportare, non per chi vuoi vendere in patria. In base a uno studio presentato al Vinexpo di Bordeaux, infatti, dal 2005 a oggi il consumo di rosati in Italia è diminuito dell’8,5%. Nonostante il nostro paese si fregi di affermati rosé, come il Chiaretto, la nazione che vanta la maggiore e più lunga tradizione nella produzione di rosati è la Francia. Infatti fu in base ai viaggi e agli studi oltralpe che Pompeo Molmenti, senatore veneziano, codificò il disciplinare di produzione dei Chiaretto. E quindi dai cugini francesi che occorre apprendere innovazioni enologiche per produrre al meglio i rosati. Durante un seminario tecnico organizzato da Assoenologi e Lallemand ricercatori francesi hanno offerto un quadro molto dettagliato sul presente e futuro della vinificazione in rosé. La qualità di un vino rosato, per Daniel Granes, Direttore Scientifico dell’Institut Coopératif du Vin, si fa in campo a partire dalla scelta dei vitigni. La stabilità qualitativa della produzione è elemento imprescindibile, quindi meglio il Merlot del Cabernet. Il Merlot si presta inoltre meglio in quanto in cantina è necessario portare frutti a polpa matura, con una bassa carica antocianica e polifenolica, con nota vegetale assente. Molti i suggerimenti pratici per viticoltori ed enologi, dalla minimizzazione dell’utilizzo della chiarifica post estrazione alla preferenza di utilizzo di azoto organico a fine fermentazione per prevenire la formazione di odori solforati. Vista la predilezione per aromi fruttati da parte del mercato, i rosé necessitano di una fermentazione lunga perché soltanto a partire dal sesto giorno e fino al decimo, vengono prodotti flavour graditi, come quello di frutto della passione. Molte le possibilità in cantina, come la macerazione delle sole fecce che, al contrario del più utilizzato sistema di macerazione mosto-fecce, dà la possibilità di creare un concentrato aromatico utilizzabile poi in blend. Non solo temperatura, Daniel Granes ha infatti concentrato l’attenzione sull’ossigeno, facendo presente come il contenuto naturale di CO2 nel vino è “largamente insufficiente” a proteggerlo da ossigenazione e quindi occorre nei momenti di pompaggio da vasca a vasca utilizzare SO2 internamente e azoto esternamente. A riepilogare le condizioni per ottenere un perfetto rosato ha pensato Laure Cayla del Centre de Recherche et d'Expérimentation sur le Vin Rosé: temperatura di fermentazione tra i 13 e i 16 gradi, pH del mosto maggiore di 2,9, contenuto di SO2 inferiore ai 10 mg/l, contenuto di CO2, inferiore a 400 mg/l e inoculo di lieviti con 1,5-2 milioni di cellule vive per ml di mosto.

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