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Italia Oggi

L’Iva al 21%? E’ un colpo a salve … L’aumento su vini, birre, bevande, tartufi. Ma non se esportati … L’aumento di un punto dell’aliquota Iva ordinaria avrà un impatto limitato nei settori agricolo e alimentare. La maggior parte dei prodotti di questi settori figura infatti nella tabella A, parte II e III, allegata al dpr 633/72, che elenca i beni e servizi soggetti alle aliquote agevolate, rispettivamente, del 4% o del 10%: queste aliquote non subiscono, almeno per il momento, ritocchi. L’incremento, riguardando soltanto la cosiddetta aliquota normale fissata dall’art. 16 del dpr 633/72, colpirà tutti i beni e servizi che non sono compresi nelle predette tabelle, e che vanno quindi individuati per esclusione. Tra i pochi prodotti dei settori interessati dal rialzo dell’aliquota dal 20 al 21%, quello principale è senz’altro il vino, sul quale il maggior carico fiscale per il consumatore, potrà risultare sensibile nelle fasce elevate del prodotto. Il problema non tocca però le molte aziende che esportano, negli altri paesi dell’Unione europea o al di fuori, perché sulle cessioni oltre confine non si applica l’Iva nazionale (a meno che si tratti di vendite intracomunitarie verso privati consumatori, ma anche in questo caso con l’eccezione delle vendite a distanza). Per chi esporta, infatti, il problema si pone quando è lo stato di destinazione ad aumentare il prelievo fiscale sulle importazioni. L’aumento dell’Iva riguarda anche birra e acqua minerale: questi prodotti, che pure figurano ancora formalmente nella tabella A, parte III, sono stati infatti assoggettati all’aliquota ordinaria con il dl n. 261 del 1990. E poi i tartufi: il prezioso tubero non è elencato tra i prodotti agevolati, per cui sconta l’aliquota ordinaria, peraltro con il particolare meccanismo della cosiddetta “inversione contabile”, quando a vendere è un raccoglitore occasionale privo di partita Iva nei confronti di un imprenditore commerciale o agricolo. Il quale dovrà auto-applicare l’imposta senza neppure poterla detrarre per effetto dello speciale divieto posto dalla legge n. 311/2004. In definitiva, l’impatto maggiore dell’aumento dell’aliquota, per i settori in esame, riguarda le operazioni “a monte”, ossia gli acquisti e le importazioni di beni e servizi effettuati nell’esercizio dell’attività: le fatture dei fornitori e le bolle doganali, infatti, se non afferenti a beni e servizi agevolati, esporranno infatti la nuova aliquota del 21%. In genere, però, questo non comporta effetti sostanziali, perché l’Iva pagata ai fornitori non rappresenta un costo. Salvo che sussistano limitazioni del diritto alla detrazione (ad esempio, perché l’acquirente è un produttore agricolo che si avvale del regime speciale dell’art. 34, dpr 633/72). A questo proposito, va ricordato che i produttori agricoli in regime speciale, in luogo della detrazione dell’Iva sugli acquisti, hanno diritto a trattenere la percentuale compensativa calcolata sull’imponibile delle vendite di prodotti compresi nella prima parte della tabella A. L’entità della percentuale compensativa è stabilita con decreto ministeriale e varia in ragione dei diversi prodotti. Per tenere conto del carico d’Iva “a monte”: si va, ad esempio, dal 2% per la legna da ardere e per il legno rozzo al 7,30% per alcuni animali vivi, al 12,30% per i vini. Per conoscere la data di decorrenza dell’aumento, infine, occorre aspettare la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della legge di conversione del dl n. 138/2011: l’aliquota del 21% si applicherà alle operazioni effettuate a partire dalla data di entrata in vigore della legge.

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