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Italia Oggi

Il terroir globale entra in prosperity crisis ... Anche in tempi di crisi economica non tutte le crisi hanno il volto della negatività. Ai tempi della globalizzazione, un territorio o una regione con un brand riconosciuto a livello mondiale per l’esclusività dei suoi prodotti, può conoscere un eccesso di domanda rispetto all’offerta, comunque limitata, ed entrare in una fase di disequilibrio strutturale. Nel caso dell’enologia il super successo di un Terroir, trasformato in oggetto di consumo iconico a livello globale, incarna perfettamente questa situazione. Il caso di maggior successo, già oggetto di diverse analisi, è quello della Champagne, la regione vinicola francese patria delle bollicine più domandate del mondo. Fino alla fine dello scorso secolo la regione vinicola più redditizia del pianeta viveva una situazione di relativa tranquillità. Domanda e offerta si incrociavano da anni e i prezzi si mantenevano in una situazione di equilibrio di lungo periodo. L’avvento del nuovo secolo targato globalizzazione ha rimescolato molte carte economiche dell’area dove si vinifica lo Champagne. Negli ultimi anni le vendite sono cresciute più rapidamente della produzione. Troppo più rapidamente, tanto che gli economisti hanno coniato un neologismo: prosperity crisis, perché i prezzi sono cresciuti così velocemente e così tanto percentualmente da aver determinato una situazione di crisi negli equilibri della regione, ma generatrice di prosperità economica. Crisi perché l’intera struttura dei prezzi della Champagne è stata rivoluzionata: i prezzi medi delle uve, quelli dei terreni, le tariffe degli enologi e così via, La crisi da prosperità è coincisa con l’esaurimento della zone vitabili, quindi con la saturazione della “materia prima” terroir. Tutto ciò nonostante la Civc avesse innalzato il limite della resa minima per ettaro dai 5 quintali degli anni cinquanta ai 12,5 quintali del 2000. L’economista Aurelie Deluze dell’Università di Reims ricorda come tra il 1959 e il 2007 le vendite siano passate da 42 a 338 milioni di bottiglie con un incremento del 700%, mentre il prezzo medio deflazionato dello Champagne è passato da 10 a 15 euro, quindi segnando +50%. La regolamentazione della Champagne in qualche modo teneva. Poi i prezzi sono esplosi, tirati dalla nuova domanda globale non soddisfabile dalla produzione massima possibile di 35.280 ettari. Nel solo 2008 Laurent-Perrier ha incrementato il costo medio della bottiglia del 38%. Insomma l’ecosistema dello Champagne insegna come nell’economia globale nessun successo sia un sonno tranquillo. Ma insegna anche che saper affermare con successo un brand Terroir ai tempi dell’economia senza più barriere geografiche dischiude delle prospettive di crescita dei ricavi e dei profitti quasi senza eguali nella storia del capitalismo. Un Terroir enologico, ben posizionato per intercettare la domanda globale, può diventare una specie di Silicon Valley di settore, un’area geografica capace di attirare investimenti anche internazionali, capitale umano di qualità e aperta all’innovazione di prodotto e di processo per sfruttare al meglio la crescente domanda mondiale. L’obiettivo dei Terroir italiani con maggiori potenzialità iconiche dovrebbe essere proprio quello di saper intercettare una quota crescente della nuova domanda di prodotti a prezzo medio elevato che la ricchezza prodotta nelle economie emergenti è ora disposta a spendere per consumare vino di qualità.

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