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Italia Oggi

Mascarello mundial ... Il suo Barolo tra i primi vini al mondo ... Diversificare, investire e comunicare? Non è l’unica strada per crescere nel mondo del vino. Lo insegna Mauro Mascarello, produttore piemontese da quattro generazioni con 20 ettari di terra nella Langa albese, roccaforte del Barolo. Piccolo vignaiolo che pensa “più a produrre e meno a vendere””, che non investe in pubblicità, che ha un terreno con una capacità produttiva di 110 mila bottiglie, ma non ne produce più cli 60 mila per non rubare l’uva al suo cavallo cli battaglia: il Barolo Riserva Monprivato Ca’ d’Morissio 2003 (240 euro il prezzo ai privati). Bottiglia che è stata recentissimamente incoronata da Luca Gardini, sommelier campione del mondo 2010, regina l’Italia e diciannovesima nel mondo (Enciclopedia del vino, Dalai). Infatti il miracolo, sulla scia di Gardini, c’è stato e una soluzione Mascarello dovrà trovarla perché quest’anno le 60 mila bottiglie, tutte vendute, non sono bastate. Le richieste sono più che triplicate, l’export verso gli Usa cresciuto del 10% e i tedeschi sono rimasti a bocca asciutta al secondo ordine, visto che la Mascarello Giuseppe e Figlio ha fatto il tutto esaurito già a novembre. Exploit che ha trovato conferma al Vinitaly. “In Italia sono sempre stato snobbato, anche se premiato all’estero da riviste come l’inglese The World of Fine Wine e dai consumatori”, si sfoga. “Un po’ perché sono un iper-conservatore, un po’ perché mi sono scagliato contro quelli che considero i finti Barolo: intensi, colorati, che riempiono la bocca, ma non hanno i sapori del territorio, solo il profumo del legno”. Mascarello è infatti guidato da un’ossessione per la qualità. “In passato ho movimentato il vigneto fino a 4 metri di profondità per trovare il terreno vergine”, racconta ancora Mauro. “Ho poi sperimentato diversi sistemi di vinificazione scegliendo quella tradizionale lunga, ma riducendo i tempi di macerazione da 60 a 30 giorni”. Infine, insieme all’enologo Donato Lanati, suo consulente, ha brevettato un vinificatore in grado di riprodurre e controllare in automatico la tradizionale vinificazione lunga. La sua fortuna è nata praticamente negli Usa, il paese dove vende il 50% delle sue bottiglie. “Il mio vino in America l’ha portato un professore dell’Università di Berkeley”, racconta Mascarello. “Un docente di musica italiana del ‘500 che aveva il palato fino”. Ora negli Stati Uniti lavora con tre distributori diversi, mentre nel resto d’Europa - Gran Bretagna, Svizzera, Germania, Austria, Belgio, Danimarca e Norvegia - ha un partner unico per paese. “Ho iniziato a esportare molto presto, già negli anni 70”. Ai mercati citati si sono accodati più tardi Canada e Giappone. “Il Giappone però, da quando è scoppiata la crisi, è fuori dai giochi e andrà sostituito”, spiega Mauro. Ora, infatti, è il momento di fare il passo da gigante. “Siamo già sbarcati in Oriente, Cina e Thailandia in testa, con quantitativi di test”, aggiunge Mauro. “Non sarà semplice entrare in quei paesi, abituati a vini facili e a basso prezzo, ma abbiamo iniziato a farci
conoscere”. Un mercato che ha risposto bene è quello di Hong Kong “il nostro primo mercato asiatico, grazie al riuscito connubio del nostro vino con la cucina locale”.

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