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Italia Oggi

Liquid asset: il prezzo del vino non dipende dagli esperti ... Assegnare un prezzo ai vini di qualità comincia ad avere un’importanza crescente nel mondo dell’enologia globale vista la frequenza con la quale le aste vengono ormai organizzate nei vari continenti del pianeta. Definire metodologie di pricing più sofisticate inizia a essere un bisogno che va oltre il desiderio di smarcarsi dalla dipendenza dei giudizi soggettivi dei vari Robert Parker. Ma è possibile assegnare un prezzo a una bottiglia di una determinata annata senza la necessità di aprirne l’etichetta? Secondo alcuni economisti quantitativi si, perché tutte le informazioni determinanti per stabilire il valore di un determinato vino sono determinabili da un algoritmo specifico in grado di assegnare un peso ad ogni fattore che ha un ruolo nella qualità della annata di quella specifica bottiglia. I teorici favorevoli a questa impostazione ritengono che oggi tutte le informazioni di input rilevanti per determinare il valore di una specifica bottiglia sono disponibili a prescindere dal wine testing La quantità di pioggia, il tipo cli gole goduto da un certo vigneto, lo uvaggio utilizzato e il passaggio in cantina e così via sono tutti dati raccoglibili e utilizzabili da un algoritmo costruito ad hoc per prezzare l’etichetta. In questo modo il valore di una annata di una bottiglia potrebbe essere determinato senza alcuna necessità di assaggio soggettivo. Orley Ashenfelter è un economista di Princeton che da anni si batte perché il vino sia valutato come ogni bene e ha elaborato un’equazione che lega il prezzo di una bottiglia di premium a due sole variabili: la quantità di precipitazioni e la temperatura. Ha misurata i risultati prodotti dal suo algoritmo confrontandoli con i prezzi spuntati dai migliori Bordeaux alle aste nei quali sono stati battuti i rispetti valori tra il 1952 e il 1980. In ogni occasione e per ogni etichetta un punteggio più elevato assegnato tramite la specifica formula si è riflesso in un prezzo di vendita in asta più alto dell’etichetta, a riprova che anche per il vino, come per tutti gli altri beni, il prezzo è funzione degli input di produzione e non dei giudizi soggettivi dei vari wine taster. E la stessa metodologia è stata applicata per determinare la qualità media di una vendemmia. Quella del 1986, ad esempio, sempre a Bordeaux era stata indicata come normale dall’algoritmo di Ashenfelter mentre i wine taster inizialmente parlavano di una vendemmia di qualità. I prezzi registrati negli anni successivi dalle bottiglie del 1986 hanno dato ragione alla previsione fatta dall’equazione, poiché i prezzi sono stati coerenti con quelli di un’annata normale e non eccezionale o al di sopra della media. La tecnica di prezzare il vino tramite un algoritmo può essere interessante per gestire investimenti legati alle etichette pregiate. Per i gestori di un wine fund, ad esempio, sposare la filosofia dell’algoritmo significa acquistare le bottiglie da inserire nel proprio portafoglio di investimento senza tener conto dei giudizi espressi dai vari Robert Parker ma affidandosi esclusivamente a quanto ottenuto dal proprio modello di investimento informatico. Una nuova sfida, in qualche modo, tra l’uomo e la macchina che coinvolge uno dei settori da sempre più sensibile al fascino della sperimentazione sensoriale. Ma anche un chiaro segnale di come la spinta della globalizzazione e della finanziarizzazione stia trasformando il mondo della enologia.


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