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Italia Oggi

L’Uiv non dà valore ... Mastroberardíno spiega la rottura con l’Unione vinicola... 20 aziende escono dal sindacato... Far esprimere al vino italiano tutto il proprio potenziale e che oggi non è capace di esprimere. Toglierlo dalla “terra di mezzo” nella quale si trova oggi. Piero Mastroberardino ha risposto alle domande di ItaliaOggi sul perché 20 aziende, tra cui Mastroberardino, Antinori, Masi, Santa Margherita, Ferrari, abbiano lasciato Unione Italiana Vini (Uiv).

D. Cosa vi ha spinto a uscire da Uiv?

R. Nel corso degli anni si è avvertita sempre più l’esigenza di una voce omogenea che rappresentasse il mondo del vino, che si mostrasse particolarmente sensibile ai temi dell’impresa, del valore, della marca e del territorio. Contemporaneamente, la sensazione è che in Uiv tali fattori invece di tendere ad omogeneizzarsi andassero disgregandosi.

D. Chiedete una voce omogenea, quale ruolo dovrebbe avere?

R. Un ruolo di rappresentanza forte con idee chiare sulle linee di sviluppo atte a garantire condizioni di successo alla nostra filiera per gli anni a venire. Un soggetto capace di concentrare la propria attenzione sui rapporti istituzionali a livello nazionale e internazionale, scevro da condizionamenti derivanti da logiche spurie o prestazioni di servizi non strettamente connessi con il ruolo sindacale. In sintesi, un ruolo definito e chiaro, in favore delle imprese che si impegnano concretamente per la crescita del vino italiano sui mercati.

D. Chi dovrebbe esserci dentro?

R. Tutti i soggetti che convergono sul concept di rappresentanza fondato sui quattro pilastri che dicevo, ovvero impresa, valore, marca, territorio. Abbiamo bisogno di un mondo del vino che elevi il valore delle proprie produzioni e ponga in evidenza il ruolo delle risorse immateriali, quelle che tanto affascinano i consumatori nel mondo e che costituiscono il differenziale vantaggio competitivo del made in Italy.

D. Qual è l’elemento più forte che manca al vino italiano?

R. La capacità di tradurre il legame marca-territorio in valore e di riportare quel valore per intero a casa, a remunerare tutti gli investimenti fatti a vario titolo lungo l’arco dell’intera filiera produttiva e commerciale.

D. Quale situazione vive oggi il mondo del vino italiano?

R. Una sorta di terra di mezzo. È una filiera che da sempre esprime un enorme potenziale, ma che fa fatica a tradurre tale potenza in atto. Dobbiamo lavorare tutti per accrescere il livello di consapevolezza del consumatore nei confronti dell’enorme impegno di crescita qualitativa e competitiva profuso in questi ultimi cinquant’anni, pur tra mille contraddizioni che caratterizzano una filiera così complessa e innervata nel tessuto sociale del nostro Paese.

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